(Avantgarde Music) La one man band francese giunge al terzo sigillo (qui le recensioni del primo  e del secondo), crescendo, evolvendo, spingendo a livelli qualitativi più alti questo black sicuramente melodico ma non per questo meno efferato e aggressivo. Un album che mescola ulteriormente i filoni svedesi e francesi, intensificando quel mix tra atmosferico, melodico e black di vecchia scuola, garantendo un risultato che coinvolge, stimola… travolge. Parentesi doomy e più teatrali, come su “L’effigie Du Déclin” incrementano la resa e, soprattuto, quel coinvolgimento dell’ascoltatore, quel desiderio di un nuovo ascolto, quell’invito a seguire il ritmo, quel farsi trascinare da qualcosa di indubbiamente catchy. Tematicamente si parla della società, di ieri, di oggi o del domani, con le lotte, i cambiamenti epocali, i grandi eventi… ed anche i piccoli gesti che marcano le nostre tracce, il nostro impatto verso l’autodistruzione scatenata dalla devastazione del nostro habitat. Album concreto per un progetto immensamente più maturo; un disco che scorre, che si fa ascoltare con impeto, che regala momenti esaltanti, grazie a dettagli ed arrangiamenti avvincenti (le keys di “Scars of Yesteryears” sono un esempio, la matrice prog di “L’eternelle Course Des Astres” una conferma). Il terzo album perfetto, un grandissimo lavoro concepito e creato da Antoine Scholtès e questa sua favolosamente decadente creatura.

(Luca Zakk) Voto: 8,5/10