(Graviton Music Service) Gli Inmate hanno realizzato un album che contiene una vagonata di musica, cioè ben 14 canzoni, ma dal minutaggio comunque normale. “free at Last” è dunque un lavoro che segna il debutto di questo comlesso sloveno, attraverso una proposta ricca, ma decisamente inflazionata, sia per qualità che per quantità. Meglio tralasciare il secondo aspetto e valutare eventuali filler, e quali siano, e concentrarsi sulla proposta stilistica, ovvero un modern-melodic metal scorrevole, ma che alla lunga rivela pochi sussulti. Un metal che guarda alla scuola svedese, al thrash metal, ai Caliban e I Threat Signal. Il tutto è ben confezionato, bisogna riconoscerlo, ma giungere a metà della scaletta e guardare quante ne sono passate, provando quel senso di indifferenza è inevitabile. Manca lo spunto proprio, l’individualità o personalità che sia degli Inmate e c’è l’eccesso di musica proveniente da fonti che, bene o male, sono tutte ampiamente rintracciabili. Anche le due canzoni più estese nel minutaggio, cioè “Inexorable Path” e “Out of Darkness” non sfruttano la quantità di tempo a disposizione. Tracciato questo profilo stilistico c’è da augurarsi che Inmate facciano leva su se stessi per le future canzoni, eliminando elementi superflui dalla musica.
(Alberto Vitale) Voto: 5/10