(Black Purple Rec.) C’è il simpatico video di “Pancho Villa” nel quale David Bour imbraccia il suo basso Rickenbacker e inizia a darci dentro in un modo che è tipico, familiare e cioè alla Lemmy. Una sensazione di pochi istanti. Un piccolo momento che è la semplificazione di quanto “Boogie Woogie Violence” riesce a dare: un impatto rock and roll che rimarca le gesta dei Motorhead. I tre di Strasburgo sono dei selvaggi: Anthony Meyer picchia con sistematica forza e sfrontatezza, David Semler brucia le sei corde e Bour urla con roca pazzia e usa il basso come una chitarra. Non li si sminuisce pensando ai Motörhead e neppure loro stessi se ne fanno un problema, visto quanto sia facile vedere foto o video con i tre francesi indossare qualche maglietta della band di Lemmy. Questa è devozione che diventa insegnamento. Gli Iron Bastards hanno imparato qualcosa dalla propria ammirazione, è diventata passione e poi ancora è diventata una band pesante, forte, chiassosa, radicata nel rock ‘n’ roll, appestata di una naturale forza dirompente e letale. Su schemi veloci e ritmi coordinati, il riffing è qualcosa che fa pensare al metallo attraversato da corrente elettrica e dunque si scalda e fa scintille. Fulminanti. Se da “Boogie Woogie Violence” salta fuori tutto questo, non è inverosimile pensare che dal vivo riescano ad esserlo di meno. Anzi, la dimensione live rende tutto più ruvido. Basta guardare qualche filmato sui loro canali ufficiali per capirlo. All’ascoltatore attento, all’orecchio affinato e di lungo corso tanta energia mista a similitudine potrebbe generare qualche perplessità, ma riportando però tutto alla sostanza delle cose e a quanto questa musica riesca ad essere dirompente e sconquassante, per i tre alsaziani la simpatia nasce spontaneamente. In fin dei conti è solo rock and roll suonato ad alto volume.
“Our Rock ‘n’ Roll doesn’t have a limit, would you to taste it in the circle pit?”
(Alberto Vitale) Voto: 7,5/10