(Grindpromotion) Sono italiani, di Modena, e hanno realizzato un album nel 2008. Quattro anni per ritornare a massacrare con il grindcore migliore possibile, cioè non fatto di sola velocità e caos. I Jesus Ain’t Poland evidenziano influenze dal thrash, dal death metal e dall’hardcore nel proprio sound, estremizzandone le coordinate e spostandosi verso un clima che ricorda alcune cose dei migliori Napalm Death o i Nasum. Per carità, non facciamo paragoni perché questa formazione è evidentemente conscia delle proprie capacità e “Freiheit Macht Frei” (ovvero “la libertà rende liberi”, sulla scia di “il lavoro rende liberi”, scritta che campeggiava all’ingresso dei campi di concentramento nazisti) lo esprime con magnificenza. “Don’t Ask” è una introduzione di 48”, poi seguono 14 canzoni imbastite con chitarre esemplari da G.I.Joker, che dilaniano come fiamme una foresta o intere città, seguite a ruota dal basso cavernoso, roboante e tellurico di Ricky F., mentre la batteria di Aksam è la scansione continua delle note. A ringhiare con rabbia c’è Julli, un uomo che ha avuto i natali nelle caverne dell’inferno. Stupefacenti canzoni come “My God Is My Will”, articolata su un riffing frenetico e che si attorciglia, la bufera di “Shelter Grave” e “Pedaphogia”, canzone che si rifà al thrash/hardcore. Viene difficile però nominarne alcune in particolare, soprattutto perché sostanzialmente tutte vanno dal minuto (“Curse You”) fino ai due e con “Blessed Me” che ne dura addirittura sei, nei quali per metà la canzone si impantana in un tempo lento e cadente. Prova eccellente, questo grindcore italiano è moderno ed è fatto di violenza e cervello.
(Alberto Vitale) Voto: 7,5/10