(InsideOut Music) Una storia gloriosa dalla quale l’unico a sopravvivere è Ian Anderson, il menestrello. I Jethro Tull sono tra i gruppi rock più importanti di sempre e se la voce di Anderson, il suo flauto, oltre alle canzoni che da un nucleo semi-folk passano per diverse sfumature del rock, sono gli elementi eternamente riconducibili alla band. Tutti questi aspetti sono ancora oggi presenti in questo ultimo album “The Zealot Gene”. Il solo Ian Anderson muove i fili della band – il suo volto campeggia in copertina – che ha perso negli anni i suoi appartenenti più illustri. Dopo quasi due decenni un nuovo album che vuole fortemente ancorarsi alla tradizione della band. Canzoni con Anderson alla voce, quella sua voce rassicurante e narrativa quanto melodica e ispirata. Canzoni che portano dentro una storia – il titolo si ispira a temi biblici – un racconto e si dilungano su percorsi aggraziati, gentili ma incentrati su progressioni che fioriscono continuamente temi melodici. Tuttavia i Jethro Tull si ripresentano in una dimensione meno prog del previsto, più folk nella sostanza. Le canzoni, principalmente brevi, che siano di stampo acustico oppure di matrice classicamente rock, un po’ alla “Songs from the Wood” del 1977, sono l’elemento cardine dell’album. Ian Anderson non si è spinto altrove, non ha posto in essere delle nuove ambizioni, anzi è rimasto con la stessa materia musicale per creare un album e firmarlo come Jethro Tull. Lui che di recente ha scritto una biografia, “The Ballad of Jethro Tull”, un libro di tutte le sue canzoni, “Silent Singing”, che ora lavora a un altro album che uscirà nel 2023, con “The Zealot Gene” sembra abbia comunque ancora qualcosa di interessante da dire.
(Alberto Vitale) Voto: 8/10