(Vic Records) Paul e Rogga erano già stati gomito a gomito in studio per “Sulphur Skies” (QUI). Album piacevole e con spunti interessanti. Ci riprovano adesso i due con “Mask of the Treacherous”, impressionante botta di death metal vecchio stampo marcato ovviamente dallo stile di Johansson (Paganizer e tanti altri) e dal tocco di Paul Speckmann (Master, Abomination). Due stili che pare non si fondano e nei diversi momenti della release lasciano intravedere i segnali in cui è l’uno o l’altro a segnare la rotta. Del resto Paul Speckmann si limita alla voce, mentre e Rogga a tessere chitarre e basso, con la batteria di Brynjar Helgetun (The Grotesquery, Ribspreader). La title track sembra un discreto gioco di equilibri. L’ossatura sembra il tipico death svedese di una volta anche se dai toni freschi, ma le pieghe delle variazioni hanno qualcosa di americano. Da questa canzone iniziale la densità del basso si rimette alla tradizione di Speckmann. Però… c’è un però: sebbene l’album viva di ritmi veloci (complimenti al lavoro svolto dal prode Helgetun) e di strutture che hanno una certa lavorazione, non sembra che i due riescano a scrollarsi di dosso una certa ripetitività generale. Insomma non che “Mask of the Treacherous” sia brutto, ma richiede attenzione. Un ascolto superficiale rischia di essere condizionato proprio da questa similitudine degli schemi che emerge. Purtroppo il limite, che invece poteva essere la forza, di questa collaborazione, era la possibile alternanza di stili, il dinamismo nei cambi di questi che avrebbe potuto rendere tutto più interessante; invece sono situazioni sporadiche o brevi, come “Within Rich”, ad esempio. Se è Rogga a dare la guida, ecco che Paul interviene in qualche bridge alla Master. Detto ciò l’album non è esente da spunti e momenti galvanizzanti, ma concedeteveli con attenzione. Anche questa volta le sensazioni non cambiano dal precedente lavoro.
(Alberto Vitale) Voto: 7,5/10