(Subsound Records) Due anni e mezzo per dare vita a questa creatura eterea, questo portale verso un mondo contorto, a cavallo tra l’immaginazione divagante ed i meandri labirintici della mente umana. Un concept album che contiene sette porte per varcare le soglie che portano al “Neuroteque”, un luogo tanto reale quanto immaginario, tanto concreto quanto concettuale, dento il quale, secondo la band, tutto è lecito, permesso, consentito; pertanto ogni cosa, ogni fatto, ogni evento si prende il rischio, il permesso… o forse il dovere di diventare anche qualcos’altro. La supremazia degli italiani Juggernaut non sta tanto nella creazione di un concept o nella fantasia dell’argomento stesso: la vera magia è, come loro consuetudine, il mettere in musica, e solo musica, tutte quelle trame deviate! La loro creatività nel materializzare album rigorosamente strumentali di questo spessore è superlativa, non solo per l’elevata capacità esecutiva dei quattro musicisti, ma anche per il saper rendere vivo, visibile, palpabile uno scenario in costante cambiamento senza alcun vocalist che ‘narri’ le vicende. È teatralità pura la musica dei Juggernaut: è l’arte di accompagnare l’ascoltatore attraverso un percorso, invitandolo più o meno dolcemente ad immaginare la scenografia, l’ambiente, i suoni, i rumori, gli odori e tutte le sensazioni che esplodono liberamente. Certo, nell’ambito -per esempio- della musica classica questa peculiarità è praticamente ‘normale’, ma la stessa cosa non è così comune e frequente nel rock! Rock, esatto, perché ‘rock’ è l’unica definizione sensata della musica dei Juggernaut! C’è del post metal, ma siamo lontani dal puro post metal. Ci sono sludge e metal, ma sono solo componenti essenziali -non dominanti- di un insieme complesso. Poi non manca un tocco psichedelico, non mancano divagazioni verso territori Jazz, ambientazioni soft e sensuali, divagazioni più espressamente rock, sentieri tortuosi scanditi da cambi di tempo, dai crescendo, i diminuendo, gli accenti, le sorprese che sconvolgono e le rivelazioni che inquietano. Le linee di basso e batteria creano un mondo immaginario favoloso, le chitarre dipingono su tele deformi con tinte brillanti e vivaci o feroci pennellate di nero opaco. Gli inseguimenti dei musicisti sembrano pura improvvisazione, tanto che una simile opera potrebbe esser frutto di due ore mezza di improvvisazione, anziché due anni e mezzo di stesura; forse l’embrione di “Neuroteque” è stato proprio concepito in questo modo, ma dopo svariati e magnetici ascolti ci si rende conto dei più infimi dettagli, curati maniacalmente senza comunque mai toglie un senso organico e carnale ai brani. Le tracce? I dettagli? Il migliore dei brani? Fidatevi: non ve ne importa assolutamente nulla! Chiudete gli occhi, alzate il volume ed iniziate a vagare senza meta dentro e fuori ciascuna di queste provocanti e sensualmente invitanti granitiche porte metafisiche.
(Luca Zakk) Voto: 10/10