(Dead Bees Records) Questi francesi Junkyard Birds, aiutati nella produzione da Stephane Buriez (Loudblast), fondono il rock ‘n roll, il blues e il punk e scatenano un rovente sound fatto di Stooges, Fu Manchu e altre cose vecchiotte ma sempre eccitanti. Un sound carico di groove, di noise, di stoner, di sporcizia, di sberleffi punk, irritazioni blues e gocce di lisergica violenza. Un basso le cui corde ricevono sberle e ricalcano quanto Lemmy faceva negli Hawkwind. Le chitarre sono infettate da tutto ciò che ho illustrato poco prima e sicuramente prendono molto dal sound di Detroit, per stessa ammissione della band, oltre al fatto che è ovvia la matrice The White Stripes, appunto gli Stooges, The Dirtbombs e le soluzioni anni ’70. Un miscuglio che tale non è perché “Freewheeling Free will” non è poltiglia, ma ruvido rock nelle sue molteplici forme e cioè che accoglie alcuni fratelli (generi) illustri e li mette insieme. La seconda parte dell’album sembra avere qualcosa di più ancorato al periodo ’60-’70, con le acide ed elettriche cavalcate psycho-bluesy di “You Don’t Love Me (But You Do Love the Devil)” e “Ego Killing”, oppure come “Death Valley Rider” che ricorda il punk in nuce di Iggy Pop (ancora lui, notato?), una canzone che fa parte dell’insieme di pezzi che scendono sotto i 3’ e si votano ad un neo-punk. Il blues più sentito e ipnotico ma arso di violenta perdizione è in “Serial Licker Blues”. Un nuovo lavoro per i Junkyard Birds, proposto per essere suonato ad alto volume e scuotere i neuroni attraverso forme blues, rock e punk che si alternano e rincorrono durante e vanno a svenare le forze dell’ascoltatore
(Alberto Vitale) Voto: 7,5/10