(Scarlet/Audioglobe) La lunga saga “Legend of the forgotten Reign” (sei dischi: una media da Rhapsody!) si è conclusa, ma i romani Kaledon non hanno per questo rinunciato a raccontare le storie dell’omonimo regno: “Altor: the King’s Blacksmith” è infatti una sorta di spin-off che descrive in dettaglio le tristi vicende di uno dei personaggi minori dell’epopea. Nel bene o nel male, la band ha conseguito una certa fama nel corso di questi anni (sono uno dei pochi gruppi power italiani, ad esempio, ad aver pubblicato un greatest hits), e il nuovo album conferma quantomeno il loro status cult (ma soprattutto al di fuori del Belpaese). Otto le tracce, più una intro lirica per un disco relativamente breve (quaranta minuti quasi esatti: se ne poteva fare una perfetta edizione in vinile!). “Childhood” equilibra molto bene grinta e melodia, epicità e velocità: una opener coi fiocchi che mette in evidenza anche una produzione pulita (ad opera di Giuseppe Orlando). Anche “Between the Hammer and the Anvil” ha il suo fascino: ipermelodica, fa pensare agli Halloween d’annata, ma le tastiere ci portano anche in zone rhapsodyane. Devo purtroppo dire che la power ballad “Lillibeth” non mi ha per nulla convinto: sia per la canonicità delle soluzioni scelte, sia per la banalità del testo (e anche se non ho a disposizione il booklet, ho percepito come in più di un punto le lyrics siano abbastanza ‘deboli’, poco profonde o poco adatte alla metrica). “Kephren” è un po’ più spigolosa, mentre “Screams in the Wind” ci porta vicini ai territori cari ai primi Sonata Arctica, fra velocità e suoni boombastici. Volendo tirare le somme, “Altor” mi appare come un buon disco di genere: ai Kaledon non manca assolutamente niente, se non quel ‘tocco magico’ che hanno soltanto i grandissimi. Curiosità: la copertina rappresenta Giuseppe ‘Ciape’ Cialone, cantante dei Rosae Crucis, che opera realmente come fabbro nei pressi di Roma!
(Renato de Filippis) Voto: 7/10