(Apathia Records) Arrivano al terzo album i russi Kartikeya, album che vuole essere il primo di cinque release concettuali, tutte incentrate sugli altrettanti elementi della natura secondo la cultura Hindu. In parole semplici siamo in pieno contesto groove metal, con pesanti influenze death -a tratti industriale- con brani che integrano in maniera improvvisa, ma molto ben realizzata dettagli sonori tipicamente esotici, indiani appunto. Influenze progressive, metal moderno, groove infinito ma una direzione estremamente folk, un neologismo del folk stesso, un folk nel concetto, in alcuni suoni, ma non nella melodia generale la quale resta fedele ad un death, non sempre estremo, ma comunque veloce ed ultra tecnico come confermano i fantastici assoli dispersi tra queste quattordici tracce. I dettagli orientali, gli hook irresistibili, ed il riffing volutamente caotico e a tratti psichedelico, sono tutti scenari che ruotano attorno ad un growl possente, tuonante, grintoso e decisamente poco amichevole. I dettagli orientali sono stati suonati con veri strumenti indiani; i brani offrono cambi di tempo repentini e le linee vocali perverse sanno farsi alternare da cleans molto interessanti. “Tunnels of Naraka” è pazzesca e l’assolo di chitarra lascia senza fiato. “The Crimson Age” vanta ritmiche taglienti, sincopate. Spietata “Tandava”, nervosa ed isterica “Durga Puja“, trionfante “The Horrors of Home”. Assalto frontale spietato con tecnica sopraffina nella conclusiva e lunghissima “Dharma, Pt. 2 – Into the Tranquil Skies. Songwriting avventuroso, che osa, che prova e che riesce a convincere in maniera devastante. Album contorto, lungo (un’ora ed un quarto), tecnico, quasi uno scenario estremo che ospita virtuosismi di ogni sorta, di ogni origine e di tutti i tipi. Una nuova faccia del death metal!
(Luca Zakk) Voto: 7,5/10