(Napalm Records) Seguo i Katatonia dall’ormai lontano “Viva Emptiness”, quindi sono già passato ben vent’anni da quel capolavoro. Nel frattempo il gruppo si è evoluto, con album almeno buoni, se non ottimi, sempre e comunque sopra la media di gran parte delle formazioni dell’ambiente. Il loro suono carico di malinconia, riflessività, depressione non può non catturare l’attenzione di chiunque sia attratto dal lato oscuro del metal. Dopo un album particolare come “City Burials” del 2020 (recensione qui), opera per certi versi sperimentale e atipica per la formazione svedese – ma non meno carica di spunti e momenti molto interessanti – ecco arrivare, un po’ a sorpresa, questo nuovo capitolo discografico. Ed ecco i nostri che continuano la strada intrapresa dal precedente lavoro, dei Katatonia ‘inediti’ che ancora devo inquadrare appieno. A mio parere, anche grazie ai richiami delle copertine dei due ultimi lavori, è come se il gruppo svedese si fosse spostato in un territorio urbano, cantando il grigio appartato nei vicoli bui, all’ombra dei palazzi, nascosti dalla civiltà, eppure dentro di essa. Sono dei Katatonia più ‘di mestiere’, consci delle loro abilità tecniche (gli assoli, posati ma elaborati, ne sono una prova), che vogliono cambiare prospettiva al loro suono. Ecco quindi molti più effetti, cantato più presente, atmosfere meno depressive eppure sempre oscure e disincantate. Qualsiasi pezzo tratto dall’album come anteprima avrebbe avuto lo stesso effetto, tanto coerente e omogeneo è il disco per intero, che porta i nostri verso lidi che magari non piaceranno a tutti, ma che di sicuro porta i Katatonia a nuovi livelli di apertura e contaminazione verso altri generi più ‘legger’ e appetibili. Sia chiaro, si sente subito il marchio Katatonia, come pure si sente che, almeno per il momento, il gruppo ha deciso di aggirarsi per i dedali della metropoli della mente umana. Al prossimo capitolo…
(Enrico MEDOACUS) Voto: 8,5/10