(Prophecy Productions) Album immensamente spirituale. Magico. Intenso. Trasudante la violenza della realtà quotidiana e la magia del sogno più etereo. ‘L’amore di una madre’ è il titolo: una madre terra che annienta, assalta, tortura e uccide; non a caso il moniker della band è il nome di un vulcano ‘tranquillo’ da ben un secolo… fin troppo tempo… la quiete di un vulcano non va mai sottovalutata. Sono islandesi: il vocalist e poli-strumentista Einar Thorberg Guðmundsson in patto di sangue con Guðmundur Óli Pálmason, ovvero l’ex batterista degli Sólstafir, band dalla quale è stato cacciato per ragioni ancora oscure (fatto tutt’ora oggetto di procedure legali). L’amore della madre si prende una rivincita estrema e tuonante, come un vulcano… e per Guðmundur probabilmente è proprio questo il significato del nuovo progetto che giunge al debutto. Personalmente credo che Gummi sia andato oltre, abbia fatto un passo avanti rispetto alla band precedente della quale era membro fondatore: con i Katla si torna alle origini, alla sintesi e per quanto ci siano quelle sonorità strane tipicamente Islandesi, un po’ post, un po’ rock, un po’ avantgarde… è innegabile che “Móðurástin” sia maledettamente metal! Un metal ai confini, trasversale, moderno, strano e sicuramente criptico… ma la potenza sonora di ogni canzone, di ogni riff… e l’oscurità immensa instaurata dall’ascolto di questi cinquanta cinque minuti, sono sicuramente marchiati a fuoco ed appartengono al vasto mondo della musica estrema. Decadente “Aska”. Tribale e post-etnica “Hyldýpi”. Melodica e pulsante come le forze della terra la tuonante “Nátthagi”. Superlativa “Hvíla”: malinconica, una malinconia esaltata dallo spettacolare suono della lingua Islandese, incisiva, melodicamente pessimista. Oscura e tetra “Hreggur”, un brano con pesanti derivazioni doom, mentre si vira verso un post-black gotico con la title track. Capolavoro con la teatrale “Kul”, caratterizzata da uno spoken vocals molto suggestivo, prima della conclusiva e mastodontica (oltre i dodici minuti) “Dulsmál”, un’opera nella opera, un concentrato di atmosfera teatrale irresistibile, un brano che non si pone limiti, sfiorando i confini del prog. Un album che descrive la vita nella terra di origine, una terra piena di contrasti, una terra estremamente fredda ed inospitale ma allo stesso tempo calda, luminosa ed attraente. I Katla descrivono tutto questo con atmosfere pesanti. Melodie cristalline. Chitarre graffianti e arpeggi sognanti. Le possenti linee vocali clean, i testi in lingua madre e la musica dipingono una terra misteriosa cupa, una terra che minaccia, ammonisce.. ma anche lega, incanta, ipnotizza. Una terra che offre, con sincerità, la purezza della violenza e la sintesi del sogno.
(Luca Zakk) Voto: 9/10