(Argonauta Records) Dopo quindici anni passati su e giù dai palcoscenici tra vagabondaggi più o meno clandestini in giro per lo spazio, i Keyleth tornano sul pianeta terra. Hanno girovagato con “Space Muffin” (recensione qui), fatto una sosta su Altair IV, il pianeta proibito, con “Colossus” (recensione qui) ma ora, nuovo decennio, è tempo di tornare a casa per vedere cosa è rimasto, cosa si è salvato o… per fare la conta dei tanti danni provocati da un genere umano pericoloso come una invasione di cavallette. L’album cerca di capire cosa sia successo, scavando nel profondo, decodificando concetti astratti tramite percorsi musicali intricati, contorti che fondono in un massiccio stoner superlative divagazioni psichedeliche, progressive e, ovviamente, deliziosamente space rock! Graffiante e pulsante “Corrupted”, ma è da “Concrete” che la band improvvisa, esplora, specialmente con un assolo fantascientifico supportato da un basso granitico, mentre suoni spaziali fendono l’etere ricordando i maestri Hawkwind. “Lost In The Canyons” è un ritorno a terra fragoroso come il decollo di un razzo verso galassie lontane, con quel sassofono siderale che dona la vita anche al più insignificante detrito roccioso disperso tra gli anelli più remoti. Più rock, più metal, più doom e molto più space desert “The Dawn Of Resurrection”. Pesante, oscura e proiettata verso stelle nascenti “Delta Pavonis”, mentre “By Your Side” trasforma un rock nervoso in una specie di teletrasporto verso dimensioni impercettibili che alterano sensi, tempo e materia. Possente e granitica “Electron”, ricca di elettronica post moderna “The Avalanche”, luminosa ma anche intrappolata in qualche abisso lontano “Sirens”, mentre la conclusiva “Cosmic Thunder” è scattante come una molla, pulsante dell’elettromagnetismo di una stella senza nome e capace di scuotere le viscere con un groove micidiale. Dietro una copertina sci-fi vintage di assoluta bellezza ed incantevole mistero, ricca di dettagli ambigui, i Keyleth cercano di far pulizia ed ordine in questa discarica chiamata pianeta terra. Lasciamoli fare, affidiamo loro il controllo delle macchine, del traffico interstellare, della comunicazione interplanetaria e delle menti decadute di una specie morente: non ci resta altra alternativa… possiamo solo inchinarci e ringraziarli per essere tornati quaggiù, proprio quest’anno: ne avevamo un maledetto bisogno!
(Luca Zakk) Voto: 9/10