(Ghost Label Record) Atmosfera dura, un contesto grigio, a volte non dissimile da certi sfoghi dei Nailbomb, comunque spesso nell’idea dei Sepultura di una volta. I Kazah riversano sull’ascoltatore la propria massiccia identità fatta di nu metal, hardcore, thrash e groove fondersi in una plasma sonoro primordiale. Imperiosi, per larghi tratti anche ripetitivi nei loro ritmi cadenzati, però gli ungheresi creano un effetto travolgente che dal vivo investirebbe la platea senza scampo. In studio i volumi sono possenti, gli equilibri del missaggio apprezzabili. La pulizia del suono onesta e non laccata. La sensazione di sbattere contro un muro è reale. Il duo István-Zsolt con le proprie chitarre di fabbricazione Cort, si cimenta anche in qualche armonizzazione, come in “Straight Ahead”, che innesta nel sound momenti differenti dalla media. I Kazah hanno composto anche un brano da oltre otto minuti, la conclusiva “XIS”, che si candida a manifesto di stile della band. Una canzone nella quale ognuno dei musicisti mette del suo, per una varietà di azioni che illustrano al meglio il loro sound. Bodnár Péter è un carro armato con la sua voce: rauco, fiero, aggressivo, possente, diventa l’identità, ma soprattutto la voce adatta al magma di suoni. Da una parte i Kazah suonano davvero bene, dall’altra si rivelano comunque seriali perché “Feed Your Beast” sembra essere un blocco e solo delle canzoni, alcune già citate ma andrebbero ricordate anche “Before I Die” e “Hope and the Truth, offrono una resa differente grazie a un songwriting quanto meno interessante.
(Alberto Vitale) voto: 7/10