(Beyond the Storm Productions) Sicuramente, Luca Turilli è uno dei compositori che più hanno influenzato il power metal degli ultimi anni: ma la maggior parte dei seguaci trae ispirazione dai Rhapsody of Fire oppure, in tempi recentissimi, dai Luca Turilli’s Rhapsody. Per quel che ne so, sono in pochissimi a guardare ai suoi primi album solisti, e in particolare a quel “Prophet of the last Eclipse” che, a giudizio di chi scrive, resta una delle sue massime vette compositive. Il punto è proprio questo: i Kerion riprendono quelle atmosfere fantascientifiche (che, a voler dirla tutta, hanno in ogni caso la propria origine negli Iron Savior) e costruiscono un bellissimo disco, in cui il power si mescola alla giusta dose di suoni elettronici, generando una atmosfera sci-fi coinvolgente e serrata. Ce ne accorgiamo subito dalla opener “The Legacy”: gli stessi cori pomposi di “Prophet”, un ritornello boombastico irresistibile, un tocco di After Forever (ma io ci sento anche i polacchi Pathfinder, fra i pochissimi veri eredi dei Rhapsody che furono), e la vittoria è di questi francesi! “Take me on!” riprende addirittura il ritmo ‘a tarantella’, avvicinandosi così tantissimo alle canzoni di “King of the nordic Twlight”. Altro ritornello d’eccezione, epico e potente, per “Iron Soldier”, con il solo finale orientaleggiante; irresistibile anche “Heart of Steel”, brano sovraccarico con quello tocco di vocals estreme che fanno pensare subito ai già citati Pathfinder. La dolce ballad sinfonica “In Silence” stempera un po’ la tensione, giunta alle stelle con la barocca e complessa “Spirit of the Wood”; più allegra e leggera “Riding Clouds”, animata da un violino dai caratteri folk. Arriviamo così all’immancabile suite: “Technowars”, di dieci minuti quasi esatti, parte con un atteggiamento sinfonico ed aulico, ma cresce ben presto in una cavalcata power. Belle le lunghe escursioni strumentali, che passano dall’electropower a melodie orientali, fino, ovviamente, ad un assolo turilliano nello spirito. Alle registrazioni partecipano anche Elisa C. Martin, cantante dei primi Dark Moor, e Philippe Giordana, mastermind dei Fairyland. Indispensabile procurarsi anche la prima parte: d’altronde siamo di fronte a una band di tutto rispetto, con quasi venti anni di esperienza e – compreso questo – quattro full-“length” all’attivo.
(René Urkus) Voto: 8/10