(Reigning Phoenix Music) Quando i leggendari Slayer rimasero i soli Tom Araya e Kerry King, questi presero una direzione nella quale evidentemente il secondo ha tracciato più linee guida. La prova è proprio questo “From Hell I Rise”, primo album solista del mastino della sei corde. Un lavoro che mette in luce il suo suonare udito per decenni negli Slayer. Kerry King per la sua opera prima ha scelto di suonare con Paul Bostaph, batterista in quota Slayer e per evitare di elevare all’eccesso tale quota, ha lasciato cadere l’idea di implementare nel progetto Gary Holt, il chitarrista degli Exodus che ha contemporaneamente assunto lo stesso ruolo con King negli Slayer dopo la morte di Jeff Hanneman. Ha così reclutato per l’altra chitarra Phil Demmel, ex Machine Head nonché spesso a servizio di Vio-Lence, Overkill e tanti altri. Infine il bassista Kyle Sanders, di Hellyeah, e il ben noto cantante Mike Osegueda dei Death Angel. Cinque musicisti provenienti da esperienze solide, con il solo Kyle Sanders, fratello di Troy dei Mastodon, a non avere militato in importanti thrash metal band. Cinque musicisti che ci fanno ascoltare un possente thrash corroso dai germi dell’hardcore e con i più classici connotati del buon King, come gli assoli lancinanti e dissonanti a tratti invasati, le note ritmiche toste e vivaci del buon e virtuoso Bostaph. Si deve pacificamente e prevedibilmente affermare che “From Hell I Rise” suona diffusamente come gli Slayer degli ultimi anni. Contribuisce la prestazione di Osegueda nel cantare, inspiegabilmente, in maniera aderente a questo blocco di assonanze con l’ex band di King che quasi non lo si riconosce. Osegueda a volte è sguaiato, soprattutto non ha osato interpretazioni diverse. L’album però è una mazzata senza pari. Poco più di quarantacinque minuti di durata che scorrono tra scapocciamenti, rullate, rasoiate, andare un po’ sul mosh, esasperazioni e rallentamenti. Kerry King e la sua truppa non deludono, oppure si? Insomma, come ci si aspetta potesse suonare un album dove a decidere c’è il solo Kerry King? Questo aspetto non è un merito, nonostante sia un album solista. Di Demmel infatti non vi è traccia e Paul Bostaph esegue energicamente il suo compito ma con King fa metà degli Slayer. Se ci si aspettava un album solista di Kerry King toglietevelo dalla testa: questo è un album scritto da Kerry King degli Slayer. La copertina onora l’opera di debutto del chitarrista: immagine, colori e logo sembrano il manifesto di un film horror, materia cara a Kerry King quanto a tutti gli ex Slayer. Anche il titolo è qualcosa di visceralmente slayeriano. La parola inferno, il luogo di riferimento di testi e musica degli Slayer. Il luogo che King ci ha sempre mostrato con la chitarra tra le mani.

(Alberto Vitale) Voto: 8/10