(Soulseller Records) Impiegano otto anni i Khold a pubblicare un nuovo album. Un lasso di tempo enorme che non ha tuttavia scalfito l’identità della band sul piano della composizione. “Svartsyn” mette infatti al centro del tutto i riff delle chitarre e pur riconoscendo il giusto valore alle atmosfere, al carattere delle ambientazioni sonore che in ogni canzone esprimono una natura fatta di oscurità, l’incedere delle chitarre è l’ossatura del settimo album della band. Un aspetto non nuovo dunque in seno ai Khold, da sempre abili a suonare con riff portanti come elementi di base e di identità della propria musica. Il basso di Crowbel amplia e rende al contempo un po’ più profondo il sound, pur suonandolo proprio come se fosse una chitarra. “Manngard” ricorda i Darkthrone di “Transilvanian Hunger” e, sempre tirando in ballo i Darkthrone, “Bryt i Udåd Ut” anch’essa sembra votata alla tradizione del duo originario di Kolbotn. È “Helligdom Av Døde” ad essere un vero diadema nero, con il suo incedere cadenzato e pesantissimo che inscena possenti atmosfere notturne. Se l’oscurità è l’anima perenne della discografia dei Khold, il lato black ‘n’ roll è l’altro aspetto inossidabile nel suonare degli ultimi dieci anni almeno della band norvegese. “Evig”, “I Demonens Bok” e “Dystopi” sono alcuni dei pezzi trascinanti con il loro riffing corrosivo e vispo. Nati come una black metal band, i Khold hanno lavorato sul proprio stile inglobando nuovi elementi che hanno spostato il proprio stile verso situazioni dark, groove e blackned, determinando infine uno stile comunque monolitico. “Svartsyn” nei primi passi di diverse sue canzoni, lascia immediatamente intravedere cosa sarà tutto il resto. È questo forse l’unico elemento sul quale si potrebbe discutere, in un album che alla fine però scorre con la sua tenebrosa maestosità.
(Alberto Vitale) Voto: 8,5/10