(Prophecy Productions) Dalle ceneri degli Agalloch, scioltisi nel 2016 (qui) nasce il nuovo mostro, la nuova creatura: Khôrada. La line up vanta tre quarti degli Agalloch (manca solo il mastermind John Haughm) alla quale si aggiunge Aaron John Gregory, ex voce e chitarra degli Giant Squid. “Salt” è una opera complessa, cosa probabilmente ovvia considerati gli elementi coinvolti. Ma la sua complessità qui si fa progressiva, più aperta, più a 360°… uno spazio musicale dove i quattro artisti si lasciano andare, incrociando influenze, generi, stili, fantasia. A livello generale siamo su un progressive post rock sludge, ma è veramente difficile ridurre questo sound ad una semplice definizione, in quanto ci troviamo black, doom, rock, psichedelico, melodico… fino a tracce di funk (“Water Rights” ne è un esempio). Oscura e sconvolta “Edeste”, un brano decisamente schizofrenico. Oscura anche “Glacial Gold”, un brano che unisce decadenza ad una chitarra sublime. Contorta la lunghissima “Wave State”, prima della ancor più lunga “Ossify” la quale chiude il disco con suggestione, sensualità e la consueta variabilità sonora palesemente progressiva. Album veramente complesso. Un ascolto non facile e sicuramente per intenditori. La performance vocale di Gregory è superlativa, teatrale, completamente imprevedibile. Siamo a livelli altissimi, ma è pur sempre un debutto: la complessità tecnica è consistente, tanto da rischiare l’occasionale perdita di attenzione da parte dell’ascoltatore, anche a causa della lunghezza dei brani. Ma è solo un debutto, per l’appunto: considerato il calibro dei musicisti, credo si debbano solo sincronizzare prima di dar vita ad un’altra creatura sonora -la prossima- brutalmente destabilizzante!
(Luca Zakk) Voto: 7,5/10