(Drakkar Productions) Maestosi e creativi i Khors, valido esempio del black metal ucraino. Band nata da elementi di Astrofaes, Hate Forest, Nokturnal Mortum e altre band. Pur non essendo quelli della prima ondata della scena black metal del suddetto paese, si sono distinti per un’evoluzione stilistica che non sembra dissimile a certe cose concettualmente viste con i Dimmu Borgir in Norvegia. Con il pregevole titolo “Letters to the Future Self”, l’ottavo album dei Khors è questo intreccio di epica, melodie sinfoniche, atmosfere espressive, per un totale melodic black metal. L’album scorre in maniera gradevole, grazie a queste melodie struggenti, intense e verrebbe da dire, per alcune di esse, tipicamente ucraine. Quel suonare con temi sonori che recuperano melodie popolari o vengono riviste con un taglio symphonic, dunque parte di un retaggio pagan e folk, rendono immediatamente riconoscibile quel tipo di proposta. Tutto ciò però rispetto a un tempo, vede i Khors molto più propositivi, elaborati a suo modo e soprattutto si denota negli arrangiamenti. Il lavoro batteristico è prezioso, fatto di finezze. Gli assoli sono espressivi, melodici, cristallini. Ogni cosa sembra al posto giusto e si arriva così attraverso questo suonare e cucire insieme il lavoro dei singoli elementi che diventa una sorta di prog latente nella musica. Senza osare verso direzioni pompose o artificiali.

(Alberto Vitale) Voto: 8/10