(autoprodotto / Der Schwarze Tod / Eternal Death) Uscito lo scorso aprile in digitale, ma questa estate in CD e Cassetta, ecco il debutto dei blacksters Bielorussi Khragkh. Le informazioni stampa parlano chiaro: nomi e foto dei membri della band non contano. Il moniker significa “crollo” ed il titolo della release “surrogato”… un concept che parla di sostituzione, di mancanze, della vita. Le sette tracce divagano su simbolismo correlato a schiavitù, ingiustizie, morte, guerra, filosofia e antichi culti: tutti concetti tanto datati quanto assolutamente attuali, evidenziando la ciclicità e la mancanza di evoluzione del pensiero umano. Essendo una black metal band, esaltano la libertà spirituale, di pensiero ed anche la copertina è un concentrato di simboli voluti e ben spiegati dalla band stessa: gli scheletri con i libri rappresentano la conoscenza defunta, la donna in abiti tradizionali beve il veleno simboleggiando la stupidità umana che dimentica le radici e la storia. Altri dettagli della copertina esaltano la morte di dio. Il tutto confezionato in un black metal feroce, ma ricco di coinvolgenti mid tempo. Cantando in lingua madre, il vocalist traumatizza con un tono non strettamente black, piuttosto legato ad un death estremo d’annata, origini del black, un po’ Sodom, violento ma non alla ricerca dei limiti vocali. Ottimo bilanciamento tra old school e black più coinvolgente (come i Mgła per esempio). Hanno un moniker quasi impronunciabile. E non so nemmeno se mai suoneranno da queste parti. Ma si tratta di una di quelle perle di tetro marciume che una volta nel player non se ne vanno più, si installano nella mente e ci rimangono. Per un lungo tempo.
(Luca Zakk) Voto: 8/10