(Autoproduzione) C’è qualcosa di tempo fa in questo metal che suona pulito, potente, denso di atmosfera e di collera. Qualcosa che riporta alla mente degli scenari alla Fear Factory, ma non essendo oltremodo industrial, i francesi Khynn tirano fuori un sound saldamente possente e a suo modo tenebroso e apocalittico, dunque tendenzialmente vicino a quel clima di ‘freddo al silicio’. Presentato con una copertina che recupera un’immagine classica, e dunque di un concetto antico e sempre valido, cioè l’uomo e le sue proporzioni, giuste o sbagliate che siano e scandite dal tempo, “Supersymmetry” è un saldo esempio di modern thrash metal, pregno di groove e di una solida matrice hardcore che emerge spesso nelle dinamiche del riffing. Ecco dunque le proporzioni esatte dell’universo Khynn: thrash, groove, hardcore, recupero del passato attraverso la freschezza dei suoni del presente. Metal semplice e diretto, d’interesse soprattutto nel comunicare atmosfere anziché melodie per le quali il punto forte è il cantato di Samuel Equoy. Il singer è forse il vero perno melodico di questo suono che riduce in polvere ogni cosa, pur trovando un momento di seducente bellezza con l’acustica “Breathe Inside Me”; non l’unico punto di rottura dal clima di grigiore, vista la presenza di “Living Time”, altra canzone quieta. La successiva “Depersonalzation” esplode vigorosa e presenta anche qualche lieve inserto di synth dal taglio sinfonico che monta un angolo drammatico inaspettato fino a quel momento. Di spicco il lavoro ritmico di Mathieu Martinazzo per puntualità nel marcare le variazioni del riffing e per le travolgenti rullate. In ogni caso l’album presenta una notevole impennata, nel suo colpo di coda, cioè le conclusive “Wild Night” e “Into the Supersymmetry”, nelle quali spunta uno spiazzante progressive.
(Alberto Vitale) Voto: 7,5/10