(Woodcut Records) Se il black metal fosse un regno lontano, una terra dell’altrove, i Korgonthurus proverrebbero dal posto più irraggiungibile di quel mondo. Dopo avere vissuto ben due split gli scandinavi hanno ripreso da più di un lustro con regolarità la propria attività. “Jumalhaaska” è il quarto album dei finlandesi, il terzo negli ultimi sette anni, ed è costituito da soli quattro pezzi ma le loro durate sono notevoli e infatti quella dell’album è di circa 55’. Corvus, voce e chitarra solista, canta con uno scream devastante e gelido il quale si cala magnificamente in questo turbinio generato da chitarre dirompenti. Avendo una durata sostenuta, i pezzi presentano diversi cambi di passo e di scenari ma le atmosfere sono micidiali, tratteggiate con una furia e al contempo con continue linee del riffing. Questo è black metal di taglio classico, selvaggio ma non necessariamente legato a continui blast beat. La batteria poi è infaticabile, la doppiacassa un elemento prezioso nelle possibilità di Insanis Xul che produce scariche telluriche o accompagnamenti andanti nei passaggi meno irruenti. Il black metal dei Korgonthurus è una continua evoluzione, un alternarsi di fasi oscure, tempestose, luciferine e pagane. Il fuoco del black metal brucia con forza in “Jumalhaaska” e raggiunge vampate impressionanti nella sua canzone più copiosa, cioè nei quasi 17’ di “Marraskehrä”, nonostante la conclusiva “Autuas Kärsimys” è forse la composizione più completa ed esaltante dell’album.
(Alberto Vitale) Voto: 8/10