(WormHoleDeath) Piacevole sorpresa, questi Kursk del Suffolk: inglesi fino al midollo, propongono un heavy a tinte doom (a volte anche un minimo stoner) ma certamente ortodosso e fedele alla linea classica. Per chi non lo sapesse, i nostri scelgono di chiamarsi come il sottomarino russo distrutto in un tragico incidente nel 2000, che provocò la morte dell’intero equipaggio. Sono appunto i suoni del sommergibile che ci accolgono all’inizio di “K-141”, che nella prima parte è uno scopertissimo omaggio ai Sabbath, ma nell’assolo accoglie anche qualche suggestione NWOBHM. Rallentamenti e ripartenze, con buone armonie chitarristiche fra Jack Mitchell e Tom Baker, per “Claw of the Hammer”; un riff grintoso, che ha qualcosa dei Grand Magus più stoner, per “King of Storms”. Si accelera con “Malleus Maleficarum”; il “Canticum Montis” è diviso in due parti per un totale di poco più di dieci minuti, e può ricordare a tratti i Pagan Altar. La prima, “Mountains of Pharaoh”, giustappone un refrain molto cool a un finale distorto; la seconda, “Son of the Mountain”, si concede per variare un break di voci effettate e toni che vanno dal doom a suggestioni rock. Un disco passato quasi inosservato, ma che merita certamente una riscoperta.
(René Urkus) Voto: 7,5/10