(Art of Propaganda) Con una copertina che richiama quelle dei romanzi di inizio Ottocento si affaccia sul mercato internazionale il debut dei Latitude Egress, one man band tedesca che propone un funeral doom orgoglioso di essere in clean vocals. Sette brani con titoli lunghissimi che reinterpretano bene, devo dire, i fondamenti del genere, e mancano di quelle tendenze troppo death che molti della vecchia guardia (ma stranamente non io) trovano disturbanti. La quasi titletrack “To take up the Cross when through it you can win a Kingdom” evidenzia una registrazione assai sporca e cupa, in senso assoluto insufficiente ma comunque ancora apprezzabile, dato il genere suonato: sette minuti pressoché esatti scossi dalle urla roche con cui Niklas, titolare del progetto, inizia ogni strofa. Lenta e pesante “To cast a Spot upon the Death of your Death”, che a tratti caccia un riff goticheggiante; doom quasi puro con la sulfuerea “To reap the Flame with Fingers and a Tongue”, ma il picco (si fa per dire) di oscurità è raggiunto con la successiva “To restore the Pride to Petravore”. Lo strumentale “To March along the desolate Peripheries of Mind” chiude un disco che si fa apprezzare pur nei suoi piccoli difetti, i cultori del depressive metal si facciano pure avanti.
(René Urkus) Voto: 7/10