(Personal Records) Si sono formati nel 2016 debuttando poi l’anno seguente. Ad oggi vantano una line up stabile che porta a questo secondo capitolo. I brasiliani (e non francesi come si potrebbe pensare!) Le Chant Noir sono una bestia strana, visto che la band è formata da gente con una certa esperienza (membri di Demoniac Harvest, Ancient, The Cainian Chronicles, e tanti altri…), compreso Mantus (Marcelo Henrique Vasco), anche noto come autore di copertine per molte bands, tra queste 1349, Borknagar, Enslaved, Kreator, Machine Head, Venom Inc. e Soulfly. “La Société Satanique des Poètes Morts” si colloca tra il doom ed il black, tra il goth/dark metal e l’horror, offrendo un mix incandescente e maledettamente coinvolgente. Introduzione da manuale con “Messe Noir”, la quale apre le porte al doom/black occulto di “Le Vampire”, pezzo tanto aggressivo e sinfonico quanto liturgico e teatrale. Più contorta “Prière À Satan”, uno dei brani che si avvale di un’ottima guest femminile. Pura malvagità con “Nuit De L’enfer”, mentre le orchestrazioni esaltano gli inferi putrefatti di “Le Baron Sanglant”. Ancora immensa funerea teatralità con “Les Métamorphoses Du Vampire”, mentre ci si avvicina più ad un black d’annata con l’ottima “La Danse Macabre”. La componente teatrale unita al gusto melodico è particolarmente enfatizzata su “Eloa, Le Bel Ange”, canzone seguita dal quel senso di paura ancestrale espresso dall’outro “La Morte Vivante”. Tastiere inquietanti, linee vocali con un growl graffiante, un continuo dondolarsi tra black metal sinfonico (sulla scia dei primi Arcturus, magari… ma non mancano i Cradle of Filth), e quel sound più nostrano, quello che salterebbe fuori da un incrocio incestuoso tra Death SS e Abysmal Grief. Un album pregno di mistero, di malvagità, dipinto con pennellate cremisi nascoste da ombre invase da miasmi sulfurei. Un rituale dannato, una perla oscura, un album tanto tradizionale ed antico quanto moderno e provocante.
(Luca Zakk) Voto: 8/10