(Les Acteurs de L’Ombre Productions) Si sono datti da fare i francesi Les Chants de Nihil in poco più di un decennio di attività, visto che hanno all’attivo, questo compreso, ben cinque album, oltre ad un EP. Black metal, sia introspettivo che estremamente furioso, composto e concepito dal leader e fondatore della band, Jerry (ex Legion Mortifere) e supportato dall’altro membro fondatore (proveniente dalla stessa band), il chitarrista Mist; ma Jerry non solo compone, non solo scrive i testi, non solo suona e canta ma per questo suo intenso progetto di black francese, cura anche l’artwork, avvicinando la band ad un concetto di one-man-band con attorno validi elementi permanenti. Cantato rigorosamente in francese, con testi tutt’altro che banali visto dichiaratamente trattano sensi di malinconia, nostalgia, erotismo, autoritarismo ed elitarismo, questo “Le Tyran et l’Esthète” è di fatto un concept album, considerando che i testi emergono da una storia scritta da Jerry negli ultimi tre anni. Solo un brano sembra uscire dallo schema, “L’Adoration de la Terre”, un lavoro che gira attorno al balletto “La sagra della primavera” composto da Igor Stravinsky nel 1913, una canzone molto tecnica, ricca di svolte progressive in chiave estrema. “Entropie Des Conquêtes Éphémères” è energetica, un black metal che per certi versi ricorda i Dimmu Borgir, senza tuttavia rivelarne una vera similitudine. “Ma Doctrine, Ta Vanité” è molto contorta, offre cori, si rivela esaltante, trionfale, anche teatrale ed incessantemente violenta. Pulsante “Danse Des Mort-Nés”, sferzata da una favolosa ritmica favolosa e da linee di basso calde e seducenti, mentre la title track è puro assalto, anche se ricchissima di melodia epica supportata da un black furibondo e privo di respiro, verso una evoluzione nuovamente corale ricca di un estremo senso epico e divagazioni mid tempo nelle quali fiorisce evidente la notevole tecnica. “Ode Aux Résignés” è tortuosa, dominata dal tremolo ed da un senso di asfissia travolgente, “Lubie Hystérie” si svela catchy, ricca di groove, progressiva, così imprevedibile che il finale, per quanto drammatico, appare suggestivo e musicalmente poetico, legandosi all’apertura della conclusiva “Sabordage Du Songeur Et Final”, un brano che oltre alla furia cieca, mescola dissonanze a spunti epici, senso di trionfo lacerato da perversione, dando vita ad un libertinaggio compositivo micidiale, esaltante, poderoso e deflagrante. Album possente, poderoso, tuonante. Ogni melodia e divagazione in qualche modo atmosferica o trasversale è sempre deliziosamente presa d’assalto da blast beats incessanti, riff taglienti ed un generale senso di soffocante apocalisse.
(Luca Zakk) Voto: 8,5/10