(Warner Rec.) Frank Wedekind era un drammaturgo tedesco e la storia di “Lulu” è stata ricavata da due sue opere: “Lo Spirito della Terra” e “Il Vaso di Pandora”. La storia è raccontata e musicata da Lou Reed e i Metallica, due entità della musica note anche ai sassi. Un disco del genere sprigiona tutta la curiosità possibile: Lou Reed è un rocker che sa essere l’antitesi di tutto, oltre ad aver già fatto tutto, mentre i Metallica si sono creati una seconda reputazione e una seconda vita dal black album in poi – non che la prima fosse pessima!-. Quando l’opener “Brandenburg Gate” (già il titolo riporta alla mente il “Berlin” di Reed, ma lo si ritroverà nel corso di “Lulu”) giunge alla sua metà, l’ipotesi che Reed e Metallica abbiano ben cooperato prende sostanza. I pezzi successivi mettono però in risalto ben altro: ovvero che “Lulu” posside alcune idee stilistiche tipiche del buon Reed, mentre i Metallica di proprio non mettono quasi niente. Contatevi quanti assoli esegue Kirk Hammet! Il timbro vocale in modalità parlato di Lou Reed, i suoi proverbiali arpeggi, le litanie deliranti e accompagnate da tappeti oscuri e malinconici ci sono. I Metallica di proprio mettono in gran parte chitarrone distorte, un basso che pompa frenetico e la solita batteria super pulita e poderosa di Ulrich. E’ allarmante constatare come alla fine non siano combinati e in simbiosi con lo stile di Lou Reed. A tratti questo avviene, ma sono parentesi disseminate nei vari pezzi. Sono dei passaggi i quali appaiono estemporanei all’insieme delle canzoni. Sorvolando sulla disamina di ogni singolo pezzo, la sostanza è quanto riportato fino ad ora, ma con un chiarimento ulteriore: è vero che i Metallica di proprio ci mettono poca creatività, ma lo stesso Lou Reed non sembra inventarsi poi molto per andare dietro ai quattro. Dispiace dirlo, ma ad un certo punto la noia rischia di prendere il sopravvento. Vuoi vedere che un produttore capace di rendere il tutto in modo organico poteva essere la vera chiave di volta?
(Alberto Vitale) Voto: 5,5/10