(Karisma Records) Anche se formatisi nel 2001, con un debutto nel 2005, i Magic Pie non sono certamente dei ragazzini. Anzi. Un sestetto di musicisti esperti, con esperienza, una visione comune ed un livello compositivo ed esecutivo a dir poco favoloso. Siamo in pieno ambiente prog… solo che i Magic Pie fanno un prog tutto loro, che non dimentica il rock pesante o il metal, oltre che strizzare un occhio a destra ed a manca a bands quali Pink Floyd, Geneis, Uriah Heep, ma anche Deep Purple, YES e pure i Dream Theater… dando vita ad un sound molto analogico, carnale, organico, emozionale che non si colloca in maniera decisa nella galassia settantiana, ma nemmeno nel prog anni ’90 e sicuramente neanche qualsivoglia sound possa essere definibile moderno. Ampio spettro, dettagli che riportano a molti scenari, momenti che esaltano, momenti che divertono, altri momenti che ipnotizzano per l’immensa resa musicale di questo loro quinto album. “The Man Who Had It All” ricorda il sound dei Dream Theater catapultato in un’altra epoca, anzi in altre epoche grazie ad una macchina del tempo impazzita, in quanto quel rock dal sapore prog-metal si alterna a progressioni dal sapore teatrale, quasi circense, anche epico… il tutto coronato da un assolo di chitarra favoloso, supportato da una sessione ritmica che sparge pulsazioni eccitanti. Drammatica l’apertura di “P & C”, e coloro che seguono il prog nella sua evoluzione metal ci sentiranno ancora i Dream Theater… ma i Magic Pie costruiscono scenari strani, sbordando nel metal per poi ritornare immediatamente agli anni ’70, per poi infilarci dentro un refrain magnetico che mette in comunicazione il rock classico con l’hard rock; ma a metà brano -una quantità di musica dalla quale una band qualunque ci avrebbe ricavato due singoli- ecco che i Magic Pie fanno quello che sanno fare bene… e che una band di questo livello deve saper fare bene: una maledetta jam session nella quale c’è funk, vibrazione, tastiere geniali che accompagnano comunque verso un lungo assolo di chitarra intimo, sensuale, vagamente malinconico. “Table For Two” è selvaggiamente rockeggiante… punto di incontro tra 70s e 80s, un brano che comunque non nega all’ascoltatore degli inseguimenti rocamboleschi tra chitarra e tastiera. Apertura con delicati virtuosismi da guitar-hero su “Touched By An Angel”, per un brano che evolve, cresce, e che fa la corte alle miglior ballads di bands quali Whitesnake o Scorpions; e quel virtuosismo di chitarra ritorna, regalando un assolo pazzesco, supportato da basso semplicemente divino. “The Hedonist” è il pezzo grosso dell’album, con i suoi quasi 23 minuti di durata: dalla musica psichedelica-spaziale al rock romantico, una galassia infinita di assoli, linee vocali suggestive, tastiere sublimi, progressione dal sapore jazz: un brano prog di altissimo livello! I Magic Pie riassumono quaranta o cinquanta anni di musica rock evoluta e tecnicamente ricercata e ci iniettano una forte sincerità stilistica la quale fa percepire della musica vera e pura, non certamente ritoccata, rivista e corretta in studio tramite i perfezionismi offerti dalle moderne tecnologie. I Magic Pie danno vita ad un sound dannatamente personale, che abbraccia un ventaglio ampio di stili rock, i quali emergono ovunque, dagli assoli fino alle divagazioni in chiave jam, dai riff fino ai ritornelli, riuscendo a creare in maniera grandiosa sia il brano catchy che quello quello lungo, intelligente ed estremamente impegnativo.
(Luca Zakk) Voto: 10/10