(Svart Records) Dopo i capolavori intitolati “Malady” (recensione qui) e “Toinen Toista” (recensione qui), il terzo album dei finlandesi Malady altro non può che generare delle aspettative di alto livello, decisamente intense, estremamente ricche di desiderio. Ed ecco che non appena la opener “Alava vaara” si diffonde nell’etere, tutte quelle ansie legate all’attesa vengono spazzate via, appagate in modo immenso, totale, travolgente: quel basso pulsante e virtuoso, quelle linee vocali in lingua madre, quei fiati… quel favoloso sassofono (ora la band annovera Taavi Heikkilä, un sassofonista fisso in line up)… quel prog intimo e personale che si materializza in poesia sonora, musica che crea infinita suggestione, in un incedere sensuale ed avvolgente. Si, la traccia di apertura “Alava vaara” crea uno stato di ipnosi spirituale e surreale così potente che l’approccio alla seguente “Vapaa ja autio” si rivela come una continuità di un percorso mistico immenso: organo, sassofono e chitarra che dipingono la porta d’ingresso ad un brano ricco di teatralità, introspettivo, misterioso, sferzato da una componente jazz irresistibile ed una dimensione atmosferica dal gusto remotamente folk. Puro prog che si diffonde in un ambiente tanto etereo quanto atmosferico con “Sisävesien rannat”: rock che si accoppia con il jazz, linee vocali profonde ed intime, un’ambientazione che sembra appartenere ad altre epoche. Potente e groovy “Dyadi”: basso che accompagna verso lidi inesplorati, una chitarra sognante, un retro-futurismo sonoro unico, un costante e prepotente stimolo dei sette sensi, un totale senso di provocazione compresso dentro un caleidoscopio sonoro unico. Vibrazioni rock con accenti anni ’70 in una attorcigliamento con il jazz su “Haavan väri”, brano dal tappeto ritmico incalzante… prima della title track posta in chiusura, traccia dal senso liturgico solare, mistico, una progressione poetica immensa, una intimità espressiva capace di scatenare emozioni imprevedibili e finora sconosciute. Con i Malady ormai la garanzia è senza scadenza, praticamente eterna: musica concepita per quella incessante e sorniona rotazione del nero vinile, musica ricca di sentimento, di anima, di un’energia che scaturisce dal profondo, ben oltre la matematica e la fisica delle onde e delle frequenze sonore. Arte che per essere capita e goduta richiede un ventaglio di sensi ampio, completo, praticamente disinibito ed illimitato. Brani che sono pura poesia: una roccia scolpita con maestria grazie a vibrazioni sonore profonde ed avvolgenti, una tela d’autore dipinta con pennellate vigorose come quelle progressioni musicali seducenti.
(Luca Zakk) Voto: 9,5/10