copmanegarm7(Napalm Records) Dopo la carrettata di ristampe degli scorsi mesi, i lupi svedesi ci regalano finalmente un nuovo full-“length”, l’ottavo della loro discografia: se “Legions of the North” non aveva convinto una buona fetta dei fan storici, questo disco autotitolato credo proprio che lo farà, perché mostra una vitalità compositiva sopraffina, che forse era venuta un po’ a mancare in casa Månegarm da qualche anno a questa parte. Arrivati al livello di successo a cui sono, non credo che Rune Almquist e compagni possano tornare a fare pagan/black rigorosamente underground: ma la direzione che hanno preso, per quanto ‘commerciale’, mi sembra stia portando ottimi frutti. “Blodoern” è un inizio perfetto: ci accolgono delle chitarre acustiche che disegnano melodie epiche, e l’ingresso della strumentazione elettrica è un fiume in piena che ricorda il Bathory più solenne, ma anche vecchie glorie come i Kampfar. Viking metal meno black che in passato e per questo ancora più fiero ed evocativo: meraviglioso! Classicamente Månegarm “Tagen av Daga”, mentre “Odin owns ye all” va più verso la direzione che oggi battono gli Ensiferum o i Suidakra. Abbiamo poi addirittura due brani consecutivi in acustico, che ci riportano alle atmosfere da racconto attorno al fuoco di “Urminnes Havd”: si tratta di “Blot” e “Vigverk”. In scaletta ci sono addirittura altri due pezzi sullo stello stile (dunque quattro su dieci totali!), e credo che questo eccesso di ballate sia l’unico difetto che i puristi possano lamentare al disco. Superbo il giro di violino di “Kraft”, e anche “Nattramn”, uno dei pochissimi brani che ha qualche elemento black, contribuisce con la sua fierezza rabbiosa alla riuscita del disco. Le chiacchiere stanno a zero: “Månegarm” è un centro quasi perfetto.

(René Urkus) Voto: 8/10