(Autoproduzione / Crime Rec.) “Satana” apre con sulfurea atmosfera questo album che nella sostanza si ancora al thrash metal, pur vivendo di impennate stilistiche care al death metal e a soluzioni vagamente prog. Anche la seguente “Blast the Sun Away”, mette in chiaro come i torinesi Manhunt siano in grado di offrire nel songwrtiting ricco e tinteggiato di sfumature. Melodic death metal, techno thrash e un dinamismo generale che viene modellato anche con melodie spesso epiche, le quali a tratti ricordano i migliori Megadeth, fanno capolino in ogni singola composizione. Buone le giocate vocali, che vedono uno scream principale, contornato da growls e clean vocals, queste ultime non proprio tra le migliori del comparto vocale. Proprio le tinte epiche e le melodie predominanti, riescono a dare un tono caratteristico ai pezzi, soprattutto quando sono queste a dare un’apertura ai brani, successivamente i giochi strutturali (stile Testament) riescono a dare un ulteriore contributo. Un thrash classico lo si nota in “Magdeburg”, ma altrove c’è lo spettro di un black atavico, come nella melodia generale di “World Fire”, dove il mid tempo e il riffing un pochino ha ricordato cose degli albori dei Rotting Christ (o forse dei Bathory?), oppure in “The Drones”. Dunque è chiaro che le idee dei Manhunt sono molteplici e la band sembra proprio volerle mettere tutte. Ci riescono quasi i torinesi, nel senso che il songwriting potrebbe essere perfezionato, ma qui occorrerebbe un valido produttore, qualcuno che setacci le composizioni dalle impurità. Un grande e chissà che la band non riesca poi a trovarne uno. Tuttavia al momento i Manhunt a chi scrive vanno già bene così. Non sono musicisti alle prime armi, lo si sente e il germe della qualità è ben impiantato in questo album di debutto si, ma non certo la prima cosa pubblicata dalla band.
(Alberto Vitale) Voto: 7,5/10