(Napalm Records) Disperazione. Un senso gotico trasudante malinconia, una tristezza dipinta con sublime ed oscura bellezza. Il terzo album dei finlandesi Marianas Rest è un macigno di visioni introspettive nelle quali melodie ricche di mestizia si fondono con riffing death lenti ed incisivi in un contesto doom superbo, sempre emozionante, sempre capace di attrarre con perversa malizia. Ritmi lineari, tra il lento ed il mid tempo, sempre travolti da melodie di chitarra suggestive, ammalianti, con un growl tuonante e possente che esala urla pregne di ancestrale sofferenza. La opener “Sacrificial” mette subito in mostra questo meraviglioso approccio sonoro ed emozionale, cosa poi confermata dalla seguente “Glow From the Edge”, brano più lento, più riflessivo, con linee vocali anche narranti e quel growl che scivola via verso un intenso screaming, avvicinandosi alla proposta musicale di bands quali Harakiri for the Sky e per certi versi i Waldgeflüster. Più dinamica, veloce e disperata “Pointless Tale”, canzone ricca di groove, capace di mettere in piedi una visione atmosferica che porta lontano, verso lande desolate e scenari sconfinati, mentre con quelle linee vocali non posso non pensare ad una componente in comune all’emotiva espressività dei vecchi Crematory. Un profondo senso di rimpianto emerge dalle note e dai testi della bellissima ed imponente “The Weight”, una possente inquietudine emerge dalla narrazione atmosferica di “Horrokseen”, pezzo musicalmente maestoso il quale conduce verso la title track dove troviamo altre vocals estreme, laceranti e maestosamente intense. Poderosa “Advent of Nihilism”, un brano che offre anche del sapore black metal, nuovamente grazie alla versatile performance del vocalist, ma anche grazie al tremolo che scolpisce a melodia di chitarra, quest’ultima poi impegnata in un assolo sognante. La conclusiva “South of Vostok” è un brano esaltato da una cinematografica introduzione narrata in lingua madre, prima dell’esplosione di quel tenebroso gothic doom profondo, il quale evolve e progredisce, dando spazio prima ad una chitarra classica e poi un riffing tanto pesante quanto stimolante, sempre pervaso da impenetrabile malinconia. Un disco che regala un assoluto tetro piacere. Per chi ama il doom più decadente, il gothic death d’altri tempi, per chi adora la divagazione con forte accento depressivo, per chi venera quelle melodie devote all’accoramento, ad un senso di abbattimento luminoso ma comunque senza speranza. “Fata Morgana” è un trasparente velo di tristezza spinto verso una dimensione artistica assolutamente coinvolgente, a tratti ipnotica, sempre irresistibile.

(Luca Zakk) Voto: 9/10