(My Graveyard/Masterpiece) Non credo serva ancora ribadire che i Martiria sono una delle formazioni più originali e dotate dell’intero panorama metallico italiano: lo hanno dimostrato a sufficienza i tre album apparsi nello scorso decennio, il debut “Eternal Soul”, il meraviglioso “The Age of the Return” e il più recente “Time of Truth”. Passati ora alla prestigiosa squadra della My Graveyard Productions, i nostri guardano alle proprie lontane origini (il primo embrione della band è addirittura del 1987) e pubblicano questo “On the Way back”, rivisitazione delle prime composizioni apparse soltanto sui demo o del tutto inedite. Se “Drought” è abbastanza in linea con le ultime prove della band, già “Apocalypse” mostra un’anima pesante e sabbathiana, dove il riff pesante e gli accorti inserti di organo hanno una parte predominante. Se vogliamo trovare un paragone dalla discografia dei Martiria penserei a “The Cross”, ma i due brani nascondono un’anima completamente diversa: epica in quest’ultimo, doom e seventies nel primo. Ancora più plumbea, ma con un testo paradossalmente aperto alla speranza è “Ashes to Ashes”, il pezzo in cui forse Rick Anderson raggiunge il proprio picco di espressività; sabbathiana pure “The Sower”, mentre “Gilgamesh” pesca a piene mani dall’epica più antica della storia umana. “You brought me Sorrow” e la titletrack ci mostrano invece la parte più intimista, malinconica e sofferta dell’anima dei Martiria, mentre la lunghissima “Twenty Eight Steps” è un altro mastodonte alla Candlemass che ci sprofonda nell’oscurità più completa. Non è, “On the Way back”, un album facile, e rispetto alle prove precedenti è anzi addirittura più ostico e indecifrabile: serviranno ripetuti ascolti per giungere al nocciolo di un disco assolutamente sui generis e dalle atmosfere senza tempo. Tuttavia, per chi ama l’epic e il doom metal si tratta di un prodotto irrinunciabile.
(Renato de Filippis) Voto: 7,5/10