(Karisma Records) Nati oltre un decennio fa come duo, poi cresciuti in maniera esponenziale, i norvegesi Meer giungono al loro secondo lavoro. Band strana, lontana dal rock (sia per la musica che il look), estranea al metal: otto elementi che si lasciano andare ad una ispirazione artistica che tocca molti angoli della musica, dalla classica al pop, con accenti progressivi imponenti e ricchi di musicalità. Sono in otto, come anticipato: due voci, maschile e femminile, una chitarra, un basso, una batteria e, cosa particolare, piano, viola e violino come parte fissa della line up. I dodici brani non hanno regole, tranne quella di essere sempre suggestivi, romantici, malinconici, profondi, introspettivi e ricchissimi di cambi, di svolte, di interpretazioni personali, come si percepisce nella cover di “Here I Go Again” (Whitesnake, bonus track sulla versione in vinile), qui ricca di piano, di pop, di fantasia capace di arrivare al soul… un brano completamente stravolto ma eccitante all’inverosimile. Intensa “Picking Up the Pieces”, ricca di senso di malinconico trionfo, canzone nella quale si percepiscono Leprous e Pattern Seeking Animals, cosa poi ricorrente in maniera provocante in tutto questo disco, ricco di magia e con due voci semplicemente immense. Pulsante ed oscura “Beehive”, un brano con un risvolto epico in chiave progressiva, mentre è altrettanto oscura, ma in chiave romantica, la bellissima “All at Sea”. Melodia dettata dalla voce maschile con “Child”, un brano che vuole avvicinarsi allo stile ‘a cappella’, anche se qui supportato da suoni stupendi ed un finale elettronico e pop. Si sfiora il jazz con “You Were a Drum”, anni ’80 rimodernati con la favolosa “Honey”, un pezzo che regala una voce femminile irresistibile. “Across The Ocean” coinvolge, cattura, in un certo senso ipnotizza, mentre si sente qualche ispirazione proveniente dal libertinaggio musicale dei Queen con “She Goes”. Intima e uggiosa “Where Do We Go From Here”, prima della conclusiva “Lay It Down”, brano melodico e scintillante, ricco di dettagli, con gli archi in particolare evidenza. Immensa la capacità di arrangiamento ed infinito il magnetismo che conduce a questo eccentrico ma poetico ensemble. “Playing House” è un album da assaporare con passione, da esplorare con curiosità, da assimilare con avidità.
(Luca Zakk) Voto: 9/10