(Tradecraft / Universal Music Enterprises) Ho ricevuto l’album dei Megadeth diversi giorni prima dell’uscita, ma ho intrapreso l’ascolto qualche giorno dopo di essa. Nel mentre e per puro caso son capitato in un forum nel quale qualcuno dichiarava di aver ascoltato “Super Collider” e di ritenerlo una ciofeca. Gli altri post riferivano anch’essi di critiche negative all’album, da parte di gente che aveva udito solo qualche brano oppure da chi snocciolava i meriti delle ultime tre release in studio di Mr. Mustaine. Qualcuno consigliava a Mustaine di doversi fermare, anzi che avrebbe dovuto farlo un paio di anni fa. “Super Collider” è effettivamente diverso dagli ultimi Megadeth. La mia umile opinione è che il sound sembra nettamente ammorbidito e che le melodie vadano verso qualcosa di notevolmente più semplice. Insomma, sembra l’opposto di “United Abominations”, non ha l’imponenza di certe canzoni di “Endgame” e forse la versatilità tecnica e quella sottile e sempre presente vena di technical thrash metal che sempre ha fatto capolino nelle composizioni dei Megadeth sembra essere più tenue, più elementare. L’album mi ha riportato alla mente a quella specie di svolta che avvenne dopo “Rust in Peace”. All’epoca in molti tacciarono di “commercializzazione” i Megadeth e addirittura qualcuno avanzava l’accusa di aver voluto fare “come i Metallica”, cioè svoltare verso un sound nettamente più morbido. Addirittura “Youthanisia” estremizzava questa svolta già rispetto a “Countdown to Extinction”. Comprensibilmente posso capire le possibili delusioni dei più, soprattutto se si ha ancora nelle orecchie le canzoni dei due album precedenti a “Super Collider”, ma l’essenza moderna di Mustaine, la versatilità e, forse, la voglia di semplificare se stessi, a condotto i Megadeth ad una collisione con sistemi compositivi più “easy”. Quel coro in “Buil for War”, forse studiato per entrare nella testa, per guadagnarsi empatia live, per rompere un riffing standard e ampiamente abusato (da loro stessi), la ruffiana “Kingmaker” nella quale serpeggia un ancestrale rock ‘n roll, ovvero thrash ‘n roll (ma in “Don’t Turn Your Back” quella radice r’n’r ritorna più accentuata), l’ipnotica “Beginning of Sorrow” che potrebbe essere una canzone gothic/nu metal, e addirittura country-metal in “Forget to Remember” stravolgono l’essenza dei Megadeth. Sono alcune delle canzoni che potrebbero finire all’indice, per qualcuno, mentre credo altri si accomoderanno tranquillamente all’ascolto per assaporare dei suoni puliti, inattesi, molto levigati, nel mezzo di riffing ampiamente noti (è una band, o che con il suo mentore esiste dagli anni ’80), altri piallati e rivitalizzati. Sarà un album discusso questo “Super Collider” o forse non sarà così, ma è stato divertente leggere certe sentenze e capire che in molti sono già sul piede di guerra a priori, come troppo spesso accade. Io l’album l’ho ascoltato e con piacere, anche nel constatare ancora una volta che Mustaine non è un cantante da pezzi melodici. Tuttavia io non sapevo neppure cosa aspettarmi: i Megadeth li ho messi da parte molto tempo fa, nonostante Mustaine sia quella figura a cui guardare ogni volta che tira fuori qualcosa, in quanto resta un’icona del metal, ma la sua storica creatura ha già dato tutto quello che poteva e, a questo punto, gli album pubblicati o piacciono oppure no, ma andarci a trovare “il verbo” del thrash metal è ormai un’operazione sterile. Sempre mia umile opinione, ovviamente.
(Alberto Vitale) Voto: 6,5/10