(Nuclear Blast Records) Hanno mai sbagliato un colpo i Melechesh? A detta di chi scrive la risposta è un solenne no. Risposta che non cambia all’ascolto di questo nuovo lavoro. Meno peculiare come suono rispetto ai platter precedenti, questo album si caratterizza per il suo essere diretto, senza troppi rimaneggiamenti o aggiunte in studio. Ormai anche questo è distinguersi nel 2015, dove l’immediatezza sembra a torto un sinonimo di monotonia e mancanza di personalità. Quindi un album controcorrente in una scena non certo tra le più convenzionali del panorama metal. I riff di “Enki” scorrono semplici e lineari, la voce di Ashmedi ghigna maligna blasfemità ancestrali come da copione. Le note incise nelle pergamene ricolme d’odio ricordano più il thrash che il death senza tuttavia dimenticare le origini israeliane dei musicisti (fattore che li ha fin da subito distinti dalla massa del death contemporaneo). La struttura canzone è più lineare rispetto al passato, andando così a formare un disco estremamente gradevole ed efficace. Gli episodi più riusciti dell’opera, che comunque si attesta su un livello medio piuttosto elevato, sono senza dubbio “Lost Tribes” e la quasi title track “Enki Divine Nature Awoken”, un manifesto di come si possa fare dell’ottima musica estrema senza per forza sovrapporre quattro linee di chitarra. Incisivi.
(Enrico Burzum Pauletto) Voto: 8/10