(Blackened Recordings) I Metallica sono uno dei pochi gruppi in cui ci si può risparmiare l’incipit da recensione classica contenente un breve ma nostalgico excursus storico che ne ripercorre a sommi capi la carriera. I Metallica sono i Metallica, con tutti i loro pregio e difetti. E se hanno fatto una quantità di soldi oscenamente alta grazie a MTV, poco importa. Lor possono, gli altri no. Bando alle ciance quindi: come suona il successore di “Hardwired… to Self-Destruct”? Dare un successore al succitato capitolo discografico doveva essere, alle orecchie di chi sta scrivendo, arduo… Ed ecco i quattro americani tirare fuori un disco bilanciato sì, ma con tanti alti come tanti bassi, in cui il baricentro sonoro sta ancora una volta nelle immense doti da chitarra di accompagnamento e di cantante di Mr Hetfield, ancora una volta letteralmente sempre sul pezzo. La canzone che apre le danze da pure il titolo al lavoro: atmosfere ottantiane si mischiano ed elementi più vicini alla coppia “Load”/ ”Reload”, con una buona dose di quel suono ‘da garage’ che aveva fatto storcere il naso a chiunque avesse ascoltato quei due album all’epoca. Una traccia convincente, energica, diretta e potente, splendidamente prodotta (così come il loro lavoro precedente). Seguono una coppia di canzoni molto meno convincenti sul piano dell’ispirazione, davvero poco incisive e ancor meno dirette, incapaci di trovare il giusto equilibrio. “Sleepwalk My Life Away” vorrebbe avvicinarsi alle sonorità di “Reload”, finendo per scimmiottarlo malamente… Molto meglio l’incedere lento e marziale della successiva “You Must Burn!”, decisamente l’ideale connubio tra commerciale ed esperienza tecnica. Si torna a macinare con il primo singolo estratto, molto vicino alle sonorità di “Death Magnetic”, ma semplicemente più coinvolgente e convincente. Giunti a questo punto del disco, si comincia a percepirne la struttura generale, dove pezzi medio-veloci si intrecciano con pochi ma efficacissimi pezzi davvero riusciti, guarda caso gli episodi più tirati del lavoro. “Chasing Light”, in tal senso, è forse il pezzo tirato meno ispirato del disco, apripista per un esperimento particolare che risponde al nome di “If Darkness Has a Son”, una sorta di tentativo amarcordiano di far rivivere i suoni anni ’80, soprattutto negli assoli, senza però mai centrare l’obiettivo. “Too Far Gone?” è, per così dire, l’inizio della fine, l’ultima battuta veloce prima di una manciata di canzoni che sinceramente potevano essere relegate a ruolo di tracce bonus… Insomma, tanti alti e bassi in un disco che, fatto da chiunque altro, sarebbe stato un capolavoro assoluto. Sarà un successo assicurato, ma diciamo che la nostalgia dei ‘vecchi Metallica’ si sta estendendo anche alle nuove generazioni… Resta comunque un ultimo plauso: se raccogli il coraggio per pubblicare una copertina così, hai già vinto.
(Enrico MEDOACUS) Voto: 7,5/10