(Acid Cosmonaut Records) “Mente contorta”, suona così il nome di questa band. Esatto: mi si contorce la mente, il cervello, la carne, le vene, le ossa. Mi immergo in soli venti tre minuti di musica, venti tre maledetti minuti di ultra dimensione, di spazio tempo azzerati, di orgasmo mentale creato da tre dannati musicisti che sanno veramente fare quello sporco -a volte ovvio- lavoro: SUONARE. Poca immagine, poco clamore, niente fashion. E nemmeno uno straccio di cantante, tanto alla fine -qui- non serve. Qui ci sono questi tre artisti, tre fabbri di sensazioni, tre creatori di emozioni. Un basso -e che basso- una batteria, una chitarra. Serve altro? C’è qualcosa da aggiungere? Quattro canzoni, ciascuna con una una vaga somiglianza, una parentela, ma ciascuna con una propria identità, un proprio io, come se queste quattro canzoni fossero quattro figli della band: certo, c’è una somiglianza -dopotutto è lo stesso sangue- ma sono tutti diversi, unici, speciali, individuali. Il primo figlio è “Haarko – Haari”: è come la nicotina, come l’eroina. Non puoi smettere. E se smetti, resti comunque un tossico. Un groove costruito su linee di basso superlative, sempre diverse, -puro jamming- dove il drumming porta ad un livello mentale quasi rilassante, quasi anestetizzante, mentre una sporchissima chitarra di matrice remotamente doom/sludge farcisce con sensazioni basate su poderosi accordi. Il secondogenito è “Adrenochrome”, ed è più aggressivo. Tagliente. Ritmiche travolgenti, cadenzate, pesanti, chitarre apocalittiche, atmosfere decadenti, scenari che si aprono verso uno strano senso di irrequieto benessere; ed ancora una volta i tre musicisti dimostrano con prove inconfutabili, che la loro teoria musicale è quella giusta, quella perfetta. Terzo arrivato: “Excuse Me, I Have To Go To Space Now”… e non è solo il titolo che fa pensare agli indiscussi maestri dello space rock, gli Hawkwind, ma gli oltre cinque minuti sono un autentico viaggio intergalattico, dipinto dai tre strumenti in una forma quasi cinematografica; si percepisce l’ampiezza ed il silenzio dello spazio, compresa l’inquietudine che quella vastità senza fine può generare entro i limitati confini del cervello umano. Il pezzo è un lento ed implacabile crescendo e, verso la fine, è attraversamento violento di campi di asteroidi, dove la navicella sembra controllata da una mente superiore, che, con gloria e fierezza, porta il vascello oltre, verso l’ulteriore infinito. L’ultimogenito è “Iramocram”, forse l’episodio dove le teorie metal sono più presenti, più integrate: melodia, atmosfera, angoscia, rabbia, mancanza di controllo. Mindwarp: sono tre musicisti. Sono Italiani (Brindisi). Sigillano questo EP con una copertina contorta come la musica, come lo stesso moniker. Una musica pericolosa: i mortali che non la ascoleranno, patiranno le pene eterne della noia idillica del paradiso. Ma gli eletti, i pochi eletti, i veri peccatori, quelli che si inietteranno questa dose letale di suono, godranno dei perversi piaceri di una eternità nel confortevole calore degli inferi, nel più completo abbandono, nella totale estasi, nello stato più contorto e deviato che la mente umana possa concepire.
(Luca Zakk) Voto: 8,5/10