(13th Planet Records/AFM Rec.) Quel figlio di puttana di Al Jourgensen qualche tempo fa dichiarava in giro che “The Last Sucker” sarebbe stato l’ultimo album dei Ministry. “Bastardo”, pensai. I problemi di salute nati nel tour di quell’album, forse contribuirono a questa decisione: “vuoi vedere che mi tira le quoia?”, pensai. Poi arrivarono una serie di lavori, come gli abituali remix (ormai una discografia parallela) raccolte e cosucce varie, a distanze quasi calcolate…vuoi vedere che Al ha mentito? Perchè tirare ancora sul nome Ministry? Lucro? Poi giunse la notizia che avrebbe rimesso a suonare la band – la quale è sempre stata lui, insieme all’ex bassista Paul Barker, è vero, ma è sempre stata sua- e trovando anche il tempo di riproporre un altro album di remix dei Revolting Cocks e il progetto Buck Satan & the 666 Shooters. Una cosa si poteva prevedere di “Relapse”, durante l’attesa per l’uscita, cioè che il metal (metalcore, speed metal, post-thrash lo si chiami come diavolo si vuole, visto che ognuno lo ha chiamato come gli pare) dei Ministry post “Filth Pig” (ma soprattutto post “Psalm 69” o “ΚΕΦΑΛΗΞΘ”, se preferite) sarebbe tornato, ricalcando appunto la fase stilistica da “Animositisomina” in poi. La conferma arrivava anche dai primi teaser e filmati dallo studio di registrazione. Sempre meno industrial, sempre meno sperimentali come riuscirono a fare anni fa, ma sempre con elettronica robusta, feroce, corrosiva, brutale aggregata (a corredo) alle chitarre spaccaossa, al sound da squarta millennio. “Relapse” è tutto quello che i Ministry sono stati dal 2003 in poi, sappiatelo bene, non troverete essenziali novità, ma canzoni nuove si. L’iniziale “Ghouldiggers” incornicia subito il sound, il percorso scosceso che si svilupperà nell’album. Con quel riff ipnotico (una canzonatura del tapping di Angus Young degli AC/DC) e quella telefonata con la segretaria del proprio manager, con il quale a quanto sembra non è in buoni rapporti (Al, sempre ferocemente ironico, anche verso se stesso). “Double Tap” è forse un outtake di “Houses of the Molé”, velocissima, serrata, mostruosa, ricalca quel clima e lo stesso fa “Freefall”. Poi c’è “United Forces” dei S.O.D., altra perla di cover tra le tante incise, il possibile singolo “99 Percenters” dove la vena più moderata dei Ministry salta fuori e si incammina diffusamente verso “Relapse”, “Git Up Get Out ‘N Vote”, “Weekend Warrior” e la semi-southern “Bloodlust”, serie di pezzi (posti nella seconda metà di “Relapse”) dove Al Jourgensen ammorbidisce la rabbia e cede il passo ad un metal/rock, però sempre pomposamente appesantito nel sound delle distorsioni, dei triggers e delle aggiunte elettroniche e industrial e dai cori quasi da stadio, nelle percussioni che eriggono muri e valanghe che rinforzano il sound. La line-up di questo nuovo e massacrante capitolo vede i fidati chitarristi Mike Scaccia e Tommy Victor (il primo ex Rigor Mortis, il secondo frontman dei Prong, ma entrambi già operativi nei Ministry da tempo) e poi Casey Orr (ex bassista dei Gwar) e Tony Campos (altro bassista). Poi c’è Al Jourgensen con le sue idee e la sua voce e urla a tutti noi di svegliarci e darci da fare, perché Bush e famiglia (sono anni che denuncia il loro distruttivo potere) non ci sono più (nominalmente), ma le cose contro cui prendersela Al le ha sempre ben in mente e ce le rivela in ogni canzone.
(Alberto Vitale) Voto: 7,5/10