(Argonauta Records) Il primo album solista di Niklas Sundin, chitarrista dei Dark Tranquillity! Una cosa sconvolgente, e non tanto per il fatto che dopo tanti anni di (meritata) carriera con la band svedese il membro fondatore intraprende una strada parallela, ma per il fatto che “Mitochondrial Sun” non ha proprio nulla a che fare con le sonorità alle quali tutti noi associamo Mr. Sundin! L’album, creato con l’ausilio del concilio delle arti svedese è un’opera strumentale classificabile nei meandri della dark electronica, un disco atmosferico ed cinematograficamente oscuro, quasi una colonna sonora tetra ed estremamente ricca di brillante emozione. Sundin ha composto il lavoro quasi per divertimento, per mantenersi attivo durante un periodo di pausa dalla band principale (per paternità) giocherellando con del nuovo equipaggiamento installato nel suo studio privato. Il materiale copre svariati anni di carriera, tutte idee che il chitarrista aveva in bozza e che alla fine non sono mai state utilizzate negli album dei Dark Tranquillity, ovviamente qui riviste in chiave elettronica e non strettamente legata alla chitarra. Malinconico il meraviglioso pianoforte di “Ur Tehom”. Drammatico il violoncello di “Chronotopes”, qui contrapposto a beat elettronici, un’unione delicata ma fortemente impattante. Tendenze dark e dungeon synth con nella bellissima “Braying Cells”, divagazioni cosmiche su “Stars Beneath The Sea”, un brano con un intenso senso di pace che progredisce verso un trionfo digitale verso il finale. Chitarra aggressiva e distorta su un ritmo nervoso di derivazione industriale con “Nyaga”. Assoluto capolavoro “Celestial Animal”: una canzone sensuale, lenta, profonda, introspettiva; un violoncello che sussurra verso un pianoforte deciso ma rilassato, sul sentiero di un crescendo che si concretizza in un beat pulsante ed un leitmotiv sensazionalmente ipnotico. “Arkadia”, diffonde tendenze vintage, quasi la colonna sonora di un antico film noir in chiave post moderna. Altre galassie, altri mondi farciti da dimensioni incantate con “The Void Begets”. Ambient meditativo e rilassante su “Entropy’s Gift”, mentre la conclusiva “The Great Filter” torna ad essere inquietante, ancora drammatica, magnificamente noise. Lavoro intenso, con brani ricchi di una identificativa personalità: tra gli ospiti, la violoncellista Annika Blomfeldt, Martin Brändström (tastierista dei Dark Tranquillity) e pure Anders Lagerfors, anche firmatario della produzione e braccio destro di Niklas per quanto riguarda gli arrangiamenti e l’impostazione sonora basata anche su dispositivi vintage. È il tempo con il suo scorrere eterno la chiave di lettura del disco: tra il carnale ed il digitale, con pianoforti e violoncelli che si contrappongono ad una elettronica oscura e di derivazione spaziale, sci-fi. Passato e futuro faccia a faccia e messi a nudo. Dolci carezze che addomesticano il dolore dei graffi. Radici tradizionali e spunti moderni.
(Luca Zakk) Voto: 10/10