(Debemur Morti Productions) Come da copione anche il terzo album dei Monolithe è composto da un solo pezzo, la cui durata è di 52′. Anche questa volta i francesi hanno deciso di esprimersi attraverso una composizione che in passato qualcuno l’avrebbe chiamata suite. Lo stile è sempre di natura doom, ma rinforzato da tastiere che determinano per lunghi momenti un carattere atmospheric. Le chitarre però non vengono sommerse, anzi hanno un impatto comunque potente e in alternativa sono autrici di riff ombrosi e decadenti. Oltre a tastiere e synth a creare l’atmosfera contribuisce anche Richard Loudin con il suo cantato growl. Naturalmente il pezzo, che da il titolo all’album, è la coesione di più parti, tuttavia i segmenti si fondono tra di loro dando alla struttura una certa continuità e armonia. Sorprende che solo l’ultima sezione di “Monolithe III”, nello specifico gli ultimi 10′ riescono ad essere più sperimentali, grazie ad una perfetta simbiosi tra riff doom e orchestrazioni delle tastiere. Ci provano spesso nel corso del brano, ma l’ultima fase sembra la più riuscita. Il doom dei Monolithe va oltre i soliti schemi, a tratti infatti nelle loro note c’è anche un’aura spaziale. La cosa è appena accennata e potrebbe essere la via da seguire in futuro e lanciarsi in composizioni stilisticamente più avventurose.
(Alberto Vitale) Voto: 7/10