(Ripple Music) Dalla Svezia, puro doom, assoluto stoner. Musica fuzzy, dentro un alone etereo ma potente, sferzante, musica ricca di una melodia deliziosamente rozza, coperta di polvere. I Moon Coven, in circolazione da quasi un decennio, danno finalmente seguito al debutto omonimo ormai vecchio di cinque anni, ribadendo di restare fedeli alla linea, al classico, spingendo sulla creatività e gli arrangiamenti piuttosto che andando a cercare nuove strade, spesso incompatibili con questo genere. La loro musica abbraccia il doom puro, lo mescola con fiumi di acido, si presta a viaggi psichedelici, ma ci sono ampie divagazioni ricche di melodie malinconiche, in qualche modo vicine a certe influenze tipiche del metal del loro paese. Subito drammatica ed apocalittica la pesantissima opener “Further”: le linee vocali sembrano appartenere ad un’altra dimensione, uno dei segni distintivi del resto dell’album, mentre l’assolo di chitarra va oltre, strizza l’occhio all’heavy classico d’annata senza dimenticare qualche sbirciata in direzione progressiva. Un doom più occulto e marziale caratterizza “Ceremony”, un inquietante introduzione lascia sfogare l’ottima “Potbelly Hill”, canzone granitica, rocciosa, con un assolo ricco di mestizia capace di andare oltre e viaggiare lontano, mentre l’ossessione tipica dei riff stoner dilaga su “Eye of the Night”. Quell’aura eterea del vocalist si confonde meravigliosamente sulla brillante “Bahgsu Nag”, un pezzo dove la tipica chitarra down-tune lascia spazio a melodie eccitanti, anche se avvolte dalle tenebre. La prima metà di “Seagull” porta verso gli inferi, mentre la seconda cerca di offrire una angosciosa redenzione costruita su una melodia intensa ma ricca di tragedia. In chiusura “My Melting Mind”, brano tuonante, intenso, penetrante e maledettamente doomy, il quele conferma questo doom radicale ma evoluto, assolutamente non innovativo ma ricco di dettagli che fanno crescere prepotentemente l’idea di base. Certi spunti con quell’inconfondibile gusto del melodic death svedese qui abbracciano i classici riff pesanti e decadenti tipici dello stoner, dando vita ad un album ricco, avvincente, coinvolgente e dannatamente eccitante!
(Luca Zakk) Voto: 8/10