(Peaceville Records) Ok, l’anno scorso hanno infettato i nostri sonni con gli incubi dell’EP “Wisdom – Vibration – Repent” (recensione qui)… ma la verità è che sono, beh… erano, quasi 10 anni che non usciva un vero disco di questa cult band, orgoglio italico nell’ambito del metal più oscuro e maligno. Heavy metal delle tenebre, minaccioso, vecchia scuola, vecchio stile, con chitarre che tagliano come lame, un basso granitico che crea un solido tappeto sonoro sul quale si scatena un drumming poderoso e creativo che mette ogni necessario accento al posto giusto, mentre il vocalist -il leggendario Wildness Perversion- non cerca alcun stile estremo, in quanto è lui stesso a rappresentare -quando non definire- l’estremo più velenoso del cantato in ambito metal. Nonostante si tratti di metallo vecchio stile, con riff rocamboleschi costantemente dominati dalle linee di basso (cosa che mi fa godere, ndr), i Mortuary Drape hanno iniettato nel loro sound una vasta gamma di ricercatezze, di melodie, di cambi tematici suggestivi e tutt’altro che facili, come per esempio dimostra la favolosa “Nocturnal Coven”. “Restless Death” odora di zolfo, di carne morente, di trapasso, “The Secret Lost” offre visioni distorte e musicalmente progressive, mentre sono mostruosamente minacciosi capitoli quali “Ritual Unction” e “Into The Oblivion”. Bella quella variazione delle linee vocali di matrice rituale su “Rattle Breath”, travolgente “Mistress of Sorcerer”, decadente e scandita da un riff irrequieto la penetrante “The Unburied”. In chiusura l’oscura “Fading Flowers Spell” seguita dalla title track, l’epilogo di questo inno alla morte, alla sua suprema energia ma anche alla sua insignificante singolarità, oggetto di oblio già durante gli ultimi respiri, i conclusivi rantoli, verso la conoscenza del grande segreto che non si può rivelare a nessuno. Ma le arti magiche vanno oltre, danzano sulla linea di confine tra questa vita e la negazione della stessa, catturano lo spirito del morente, lo fanno tornare e lo consacrano nel rituale della congrega, per non abbandonarlo tra i non morti o, peggio, i non sepolti. Con una produzione decisamente eccitante e tributante epoche gloriose, molto carnale, viscerale, dinamica, questo è un maestoso album di rituali blasfemi, pregno di atmosfere cavernose, in grado di scatenare una furia ancestrale, coinvolgendo costantemente l’ascoltatore grazie a passaggi oscuri, riff dinamici ed un basso massacrante. I Mortuary Drape lo hanno sempre fatto, ma con “Black Mirror” sono andati oltre, diventando il punto di convergenza tra antico e moderno, tra metallo classico e tutte le sue evoluzioni estreme. “Black Mirror” non è solo metallo che non conosce la luce: “Black Mirror” è heavy metal, è dark metal, è black metal, è death metal… è la trasformazione in suoni malvagi del senso di disperazione di quella forza sovrannaturale che vaga irrequieta nel limbo perverso che si cela tra l’inizio e la fine, tra la nascita e la putrefazione, tra la vita e la morte.
(Luca Zakk) Voto: 9/10