(UDR Music) Qualsiasi parola detta o scritta per illustrare ciò che sono i Motörhead è inutile. Fiato sprecato, inchiostro buttato. I Motörhead sono i Motörhead. Sono forse l’unica cosa per la quale abbia senso costruirci attorno una religione, religione che sarebbe l’unica a venerare divinità e culti che esistono davvero. Lemmy, dio assoluto della trinità Motörhead è una autentica leggenda. Francamente se qualcuno si sente “rock ‘n’ roll” allora deve amare incondizionatamente sua altezza Lemmy Kilmister, in quanto è forse l’unico esponente del rock che vive ciò che predica, che veste ciò che è, che vive come deve. L’unico vero personaggio che non ha divisione esistenziale tra on-stage e off-stage. Lemmy è un grande, e nel caso ci siano dubbi, basta leggere la sua autobiografia per capire, per aprire la mente, per innalzare lo spirito. Questo è il ventunesimo album dei Motörhead, e ci stiamo avvicinando ai quarant’anni di fedeltà al volume esagerato, di fedeltà al metal, al rock. Quarant’anni di purezza, di esempio, quarant’anni di musica senza tempo, senza scadenza, senza moda. Grazie Lemmy per aver fondato questa tua band, per aver creato un esempio, aver generato seguaci. Ti ringrazio per tutti gli album che mi hau fatto comprare e per tutti i concerti nei quali mi sono massacrato (fisicamente, o psicologicamente) mentre suonavi. “Aftershock”: titolo emblematico dopo i problemi di salute del mitico leader. Ma Lemmy, scusate, non è immortale? La risposta a questa domanda arriva schiacciando play e sentendo queste quattordici canzoni. Ma come fa questo tizio che fra non molto spegne le 70 candeline (lo farà in un lap dance, circondato da ragazze da urlo), a cantare così, a suonare così, e a scrivere così tanti testi? Come diavolo fa ad avere questa creatività? Gli basterebbe un disco da sette o otto canzoni ogni cinque anni per campare. Invece no. Lui scrive, compone, crea. Se non è in tour, sta registrando un disco. Un grande. E grandiosi quei due animali che ormai sono la sua band stabile da un bel po’ di anni. Che dire di “Aftershock”? É un album dei Motörhead al 100%. Ogni pezzo ha il suo spirito, il suo valore, la sua collocazione. “Aftershock” è un’altra botta di canzoni nuove che la band suonerà dal vivo, aggiungendo violenza e potenza sonore ad un repertorio devastante. “Heartbreaker” è tirata. Apre il disco e prende a pugni in faccia tutti. Semplice e giusta dichiarazione di intenti. Siamo davanti ad un disco dei Motörhead, mica di una maledettissima boy bands per pollastre minorenni in calore. “Coup de Grace” pompa come uno ci si aspetta. Questi tre tizi sono vecchi? Ok, ma loro sanno suonare proprio così! “Lost Woman Blues” conferma che oltre ad essere un rocker, Lemmy è un blues man: aspetto che io adoro. Un power blues man, perché il suo basso non suona come un basso blues, ma resta fieramente uno strumento di devastazione globale. Se il blues vi rilassa e vi fa stappare quella birra fresca, allora con “End of Time” è meglio che la birra ve la scoliate velocemente, perché con un pezzo così tirato rischiate di soffocarvi. “Do You Believe” è rock and roll dannato, sporco, sudicio. Vero. Puro. Sincero. “Death Machine” offre un metal diretto, carico potente, prima di farvi eccitare con “Dust And Glass” un pezzo moderatamente soft, pieno di calore, di passione: mi immagino già Lemmy in una intervista che parlando di questa traccia dice “La migliore canzone per scopare”. “Going to Mexico“ spacca tutto e si fa seguire dalla potente “Silence When You Speak to Me”, piena di rock, con un testo mitico, un titolo fuori di testa. Roba che solo Lemmy può concepire. Anche “Crying Shame” e “Queen of the Damned” sono cose potenti, piene di assoli, con la velocità giusta. “Knife” è ricca, piena di melodia, con un groove unico. Solo un rocker con l’anima blues può partorire pezzi simili. Conclude l’album “Keep Your Powder Dry”, piena di potenza, sbracata, così rock, e “Paralyzed” che chiude il disco esattamente com’è iniziato: con furia, volumi alti, suoni devastanti. Scende il silenzio. Gli strumenti della band ringraziano, hanno bisogno di riposare. Ciò che segue è ovvio: la band va in tour, spacca il culo, poi torna in studio e registra un altro album. Accendetevi la sigaretta, bevetevi un goccio: questi sono i Motörhead, non c’è altro da spiegare, non c’è altro da capire.
(Luca Zakk) Voto: IMMENSI.