(Beyond…Prod.) Cinque eterni anni. Tanto è passato dall’ultimo album degli Italiani Mystical Fullmoon, album che era anche il debutto nonostante la band sia sulle scene da molto più tempo. Un’attesa premiata da questo poderoso trofeo: un’ora di musica grandiosa, trionfale, complessa, contorta. Sarebbe limitativo classificare la band in uno dei sottogruppi del genere black: infatti non mancano immense teorie sinfoniche, non manca brutalità, non manca atmosfera… il tutto è sempre integrato in complessi passaggi, arrangiamenti intricati, come se l’intero disco fosse un film ricco di mistero, di ricerca spirituale. E’ una magica congiunzione degli opposti -un emozionale alfa omega- la base del nuovo lavoro: ogni suono, ogni momento, ogni orchestrazione, ogni passaggio, ogni singola nota è pensata con cinismo per raggiungere un obiettivo emozionale estremo. Racchiuso dentro una copertina criptica, inquietante (mi genere emozioni simili a quelle dell’artwork di “Ritu” dei Saille), con un nutrito booklet (20 pagine!), questo album registrato ai mitici Finnvox Studios (Finlandia) è una costante frustata al lato emotivo dell’ascoltatore: improvvisi colpi di scena, oscure trame coinvolgenti, trionfali momenti sinfonici, brutali divagazioni black; la complessità è immensa e questo si traduce inevitabilmente in un ascolto non facile, un ascolto che pretende attenzione, che esige un pubblico impegnato e totalmente dedicato. Ma è una caratteristica importante che reputo essenziale per una certa espressività artistica: un album di questo genere DEVE essere complesso, DEVE essere per palati fini, DEVE richiedere un certo intelletto critico. Ogni traccia segue un percorso unico, anche se incastrato nel complesso del concept. “(An) Outermost Resonance” alterna sinfonico trionfante a una visione infernale piena di dolore e marciume. “Reward for the Blind” arriva ad intricati concetti di death metal ultra tecnico. Un sublime contrasto di sinfonia e brutalità impattante si materializza su “A Red and Black Sacrament”, dove il vocalist arriva ad un livello di malvagità superiore. Sconvolgente “The Reader and the Naked Scientist”: estremamente cinematografica, offre un groove ultra-tecnico, intensificato da un uso geniale delle tastiere, e stupisce con un inquietante sezione acustica, rilassante, la quale viene violentemente interrotta per una ulteriore carica di violenza, sempre ricca di tecnica e creatività; la parte conclusiva, a cavallo tra ambient ed una origine tribale, conduce verso la successiva lunghissima “After The Coil”. Questa traccia, oltre i nove minuti, riesce in qualche modo a riassumere la vasta gamma stilistica della band: tecnica, armonia, black sinfonico, coinvolgimento, violenza, assalto frontale, atmosfera oscura. Complessa e ricca di intense dissonanze “Mechanics of Atonement” mentre la conclusiva (inusuale cover esclusa) “Aghori”, divaga su un ambient sublime, caratterizzato da una intelligente congiunzione tra tribale ed elettronico. Una band che si è fatta attendere. Ma un album come questo non è componibile in un mese. E se non vivi di musica è anche difficile poter investire il denaro che serve per raggiungere una simile cura ed un tale livello di perfezione. Dovremo aspettare altri cinque anni? Non lo so. La cosa certa è che “Chthonian Theogony” comprende una tale vasta quantità di componenti e dettagli che dureranno nel tempo, che ignoreranno l’evoluzione dei trend, delle tecnologie, della musica stessa. Una opera d’arte intensa che nasconde un lavoro immenso, una dedizione totale: il credere in se stessi per lasciare il segno. Un segno indelebile.
(Luca Zakk) Voto: 8,5/10