(Scarlet Records) Abituato come sono ad ascoltare il thrash degli anni ’80, a volte ho quasi l’impressione che le bands formatisi all’inizio del nuovo millennio siano giovanissime e di recente formazione. Poi mi accorgo che, ridendo e scherzando, una band come National Suicide (nata nel 2005), è in giro da dodici anni. Boh, starò invecchiando. Fatto sta che la formazione trentina potrebbe benissimo essere nata nel 1985 in quanto a sonorità. Da sempre fedeli alla scena thrash old school, i National Suicide giungono al terzo album, un lavoro che sicuramente incontrerà il consenso di tutti coloro che amano bands come Exodus, Testament, Forbidden e Overkill. Thrash di altissima qualità, magari non originalissimo, eppure, nonostante i riferimenti palesi alle bands citate, i nostri hanno una personalità, un sound immediatamente riconoscibile grazie anche all’ugola al vetriolo di Mini, una via di mezzo tra la voce folle di Steve Zetro Souza e quella isterica di Bobby Blitz Ellsworth. “Death Roll” è puro speed thrash che rallenta temporaneamente nel mid tempo centrale che precede gli assoli. “I’m Not A Zombie (Anymore)” è il miglior pezzo del disco, a mio avviso; ricco di cambi di tempo, accelerazioni, mid tempo e ripartenze, il pezzo si mantiene accattivante dall’inizio alla fine, invitando l’ascoltatore all’headbanging più furioso. “Old, White An’ Italian” ha sonorità più vicine ai Motorhead, a partire dal basso distorto in apertura e da un approccio maggiormente thrash’n’roll. “Take Me To The Dive Bar” coniuga alla perfezione mid tempo alla Exodus (il riffing ricorda un po’ quello di “Brain Dead”) e cantato alla Overkill. Paurosa l’accelerazione centrale, che si stempera subito dopo gli assoli, ritornando al roccioso riff portante. Thrash metal ispirato, per una band relativamente giovane, ma che maneggia il genere con la competenza dei veterani e l’entusiasmo degli esordienti.
(Matteo Piotto) Voto: 8,5/10