(Beyond Productions/Masterpiece Distribution) Una copertina sconvolgente, che continua a turbarmi nonostante il mio estremo interesse per tutto ciò che è morte, occulto ed estremo, mi svela questo lavoro impregnato di oscurità e decadenza, di musica profonda, introspettiva, ricca di malinconica e incontrollabile potenza. E’ il terzo album degli italiani Necroart, band ormai in circolazione da oltre quindici anni: con un concetto lirico ispirato all’orrore, alla religione, alla negazione della stessa, sono riusciti a creare oltre cinquanta minuti dove il lato oscuro domina sulla luce, dove sofferenza e morte sono protagonisti, dove i credi popolari -dati per scontati- vengono spogliati e mostrati per il terrore assoluto che in realtà celano. C’è ampia influenza nel nuovo sound dei Necroart: ci sono concetti death, c’è molto doom. Assaggi di black. Un velo gothic sempre presente con il suo colore che assorbe la luce. Ci sono divagazioni sonore e artistiche. Ci sono dichiarate ispirazioni a maestri quali Arcturus. Francamente trovo assurda, quanto inutile, la forzata ricerca della somiglianza con altre realtà di ogni singolo passaggio o movimento; credo piuttosto che i Necroart siano riusciti veramente a creare qualcosa di nuovo, di destabilizzante, di perverso, geniale, osceno, malvagio, criptico. Un feeling gothic che viene brutalizzato da regole doom, le quali sono poi usurpate da idee industriali. Con tutto quello che sta in mezzo a questi vasti confini. Crea claustrofobia la title track posta in apertura, con il suo riff brutale e le sue scenografie teatrali con suoni che esaltano il dolore e la tortura. Ai confini con generi estremi e sinfonici, senza mai dimenticare death e doom, “Magma Flows”, pezzo che cinicamente devasta la psiche. Melodia deturpata da suoni grezzi, su tastiere che cercano la salvezza dell’anima su “The Demiurge”, mentre la ritmica convulsa di “Agnus Dei” è esaltata da momenti quasi trionfali e linee vocali deliziosamente assurde, un incrocio impossibile tra dark wave, growl, e cleans corali. Fantastica “Redemption”, pezzo lento e riflessivo esaltato dalla voce femminile che dà origine ad una oscura liturgia abbondante di morte, priva di speranza. “Joining The Maelstrom” mi fa ricordare momenti grandiosi dei vecchi Paradise Lost, ed è una perfetta antitesi alla seguente “Stabat Mater” che si sviluppa come una preghiera oscura, un ritmo lento che accompagna nella discesa infinita verso gli inferi. La creatività della band destabilizza l’ascoltatore con la poderosa “Of Ghouls, Maggots and Werewolves”, canzone nella quale emerge il death, il gothic, il doom, il metalcore, il sinfonico…. in un pazzesco orgasmo sonoro senza più alcun limite. Dopo l’assurdità spirituale, la confusione mentale, la deturpazione dei credo, l’esaltazione dell’orrore un senso di riposo, forse eterno, arriva con il breve outro “Cyanide and Mephisto“: una sensualissima voce femminile, dagli infernali connotati erotici, invasa dal tetro timbro vocale maschile conduce verso la fine, con una tastiera in perfetto stile italian horror. Poi il silenzio. La fine. Rimane una sensazione di sconvolgimento, di vuoto, di ansia. Rimane l’orrore meravigliosamente descritto da “Lamma Sabactani”.
(Luca Zakk) Voto: 8/10