(Season of Mist / Underground Activists) Sedici anni di carriera per la formazione transalpina che probabilmente con “Swords of Dajjal” tocca uno dei punti più alti della propria esistenza artistica. Già i singoli che hanno anticipato l’uscita del suddetto album, cioè “Numidian Knowledge”, “Ksar Al-Kufar” e “Dii Mauri”, hanno svelato del materiale devastante, corroborato da filmati suggestivi. Vlad, voce e chitarra, fondatore della band, e soci hanno costruito una trama sonora nella quale death e black metal si fondono con melodie sinistre e inquietanti che appaiano fruibili e sono il vero seme dal quale germoglia la creatività della band. Paganesimo, magia, tradizioni popolari di popoli ancestrali, culti ormai perduti o forse solo nascosti, si fondono nelle tematiche dei testi e permeano la musica dei francesi. I pezzi hanno una loro fluidità, non sono il risultato di più parti assemblate quasi cucite insieme a formare qualcosa che poi appare disarticolato, come sovente capita di sentire in giro. I Necrowretch creano una linea sonora unica, fatta dei suoi momenti e dove tutto è la logica prosecuzione di ciò che precede, “Dii Mauri” è proprio uno dei pezzi migliori dell’album e lo stesso videoclip lascia intendere quanto sia dominante quell’attenzione della band verso culti innominabili e pericolosi che riveste ogni canzone di “Swords of Dajjal”. Tra l’altro “Dii Mauri” è seguita proprio dalla title track, altra mostruosa perla in fatto di blackned death metal spinto, estremamente veloce e nervato da melodie che sembrano litanie ipnotizzate dalla morte. La band è furiosa, feroce, Vlad esprime un gran lavoro al microfono con quel suo timbro arso e squillante. I pezzi sono tutti veloci ma non disdegnano momenti più marcati, in mid-tempo e non rinunciando a quella fatidica essenza estrema della quale la band si fa portatrice.
(Alberto Vitale) Voto: 8,5/10