(Melodic Passion Records)La storia dei metallers svedesi Neptune è quanto mai assurda, visto che nonostante il progetto sia nato nel 1980 è solo oggi che giunge, quarant’anni dopo, l’atteso album di debutto, il quale va ad affiancarsi a vari demo, EP e singoli usciti nel corso degli anni. In verità la cosa non è poi così strana: la band rimase attiva durante la prima metà degli anni ’80, senza mai pubblicare nulla di ufficiale (solo quattro demo)… finendo poi per sciogliersi. Agli inizi degli anni 2000 si venne a sapere che i vecchi demo avevano circolato un bel po’, generando una consistente fan base in tutto il mondo… tanto che poi fu anche pubblicata una apposita compilation nel 2018. In seguito alcuni membri decisero di scrivere nuovo materiale, puntato all’ovvia reunion… la quale però venne sconvolta dalla morte, nel 2019, del vocalist Reine “Ray Alex” Alexandersson. Dopo un momento di indecisione, con qualche concerto già organizzato, è il bassista Roland “Rowland Alex” Alexandersson, fratello di Ray Alex, a salvare la situazione mettendosi al microfono. Ed ecco che la line up viene rinfrescata e completata, con i membri originali e due nuovi elementi (Jan Tosh Andersson, incaricato delle pelli nel 2017, al basso e Johan Rosth alle tastiere), una line up che mette in scena un risultato interessante, un album di puro heavy metal, ricco di sapore epico, ma con un tocco più melodico supportato dalla nuova introduzione delle tastiere, le quali tuttavia non sono mai dominanti e sempre usate come intelligente contorno. Pulsante, dannatamente metal e deliziosamente classica “Viking Stone” (qui è ospite l’assolo di Euge Valovirta, di Godsplague e CyHra), un brano che non nasconde un tocco di oscurità. Più power, più melodica e ricca di assoli (a cura di Lars Chriss dei Lion’s Share) la tradizionale “Last Man Standing”, mentre “Fallen Nations” (con ospite Pontus Norgren degli Hammerfall) elargisce una potenza pulsante, pesante, cadenzata, emerge un po’ di scuola Manowar, mentre quelle keys creano un contorno emozionante verso un ritornello molto ben riuscito. Rocambolesca e brillante “Angels”, metallo bollente con la title track, brano con cori che non possono non far pensare -guarda caso- proprio agli Hammerfall. Seducente e ricca di vibrazioni “Black Rain”, molta cattiveria e senso di gloria su “Run For Your Life”, intensa la malinconica power ballad “Land Of Northern”. Tra hard rock e metal, con molte più tastiere sulla scorrevole “Seriously”, idee classiche riviste con standard odierni su “Ruler Of The Sea”, prima della struggente conclusiva “Vanheim”, un brano strumentale (tranne che le voci narranti), dolce, armonioso, un brano che svela paesaggi incantati, mitici, ricchi di natura, ricchi di magia. Una band storica che finalmente esce dall’underground, anche grazie a quella voglia di non arrendersi mai, quel senso del dovere che porta al compimento di un’opera ben fatta, la quale avrebbe dovuto uscire molti anni prima. Album che si fa ascoltare con immenso piacere, che riesce a sedurre, ad esaltare, a generare un senso di grinta ma anche di epica malinconia. Questo è metallo ben forgiato, un metallo dal sapore ottantiano rivisto secondo i canoni moderni.
(Luca Zakk) Voto: 7,5/10