(Pulverised Records) Musica estrema dalla Svezia. Un black metal brutalizzato da concetti death, ricco di potenza, furia, ma anche tanta melodia. Tornano in mente nomi come Watain, magari Marduk o Dark Funeral, e pure qualche accenno di Emperor. I Nidsang (in origine si chiamavano Lammoth) non sono produttivi: questo è il loro secondo full length nonostante siano in circolazione da più di un decennio, ma “Into The Womb Of Dissolving Flames” è una suprema fonte di malvagità e blasfemia, creata con cura maniacale, intelligenza perversa, sentimenti quali odio e furia sempre dominanti. In ogni canzone si passa dalla devastazione senza rispetto, piena di blast beats laceranti, a momenti più intensi, cadenzati, provocanti… pure atmosferici. Ogni cambio è cinicamente progettato per sconvolgere, far perdere l’orientamento, ed il tutto viene esaltato da una produzione ottima. Veramente sembra quasi impossibile che questo trio sia solo al secondo lavoro. C’è melodia nella loro devastazione, non mancano gli assoli e forse l’unico limite è un certo dilungarsi in certe fasi, le quali potrebbero essere più impattanti se accorciate, offrendo spazio al successivo cambio, alla successiva ottima idea. Ottima la opener “Black Void Revelations”; dopo una introduzione atmosferica (che si dilunga un po’ troppo, appunto) arriva una bordata di brutalità spietata, senza sconto, senza un barlume di clemenza, con il vocalist che sputa un growl forsennato di stile blackned death metal; quando le speranze iniziano a vacillare, il tempo cambia, si passa a tratti brutali ma melodici, fino a concetti più orientati al tremolo, alla ritmica… agli assoli. “The Gathering Shadows” inizia ancora una volta con brutalità di stampo grind core, con un feeling di oscurità crescente e dilagante che porta all’ottimo cambio verso un mid tempo perverso e dannatamente black metal, capace di coinvolgere anche grazie al bilanciamento ottimale dei volumi, con il riff del basso molto presente e di innegabile supporto. Stessa cosa vale per “The Burning Beyond”, mentre è notevole lo skill del batterista su “Layil”, canzone nella quale dimostra fantasia e creatività. “Veneration Of The Fiery Blood” fa emergere una componente death/thrash molto ben amalgamata nel sound brutale ed oscuro, con quel rallentamento risulta semplicemente glorioso, esaltato da una componente ambientale molto emozionale. “Eschatonic Catharsis” è poderosa e tetra all’inizio, per poi scatenarsi con furia, mentre la conclusiva “Abysmal Origins” -la traccia più lunga del disco- offre svariati cambi, melodie e ritmiche, un po’ riassumendo la linea stilistica della band. Un disco impattante. Una costante raffica di pugni sullo stomaco cadenzati da un tremolo forsennato spesso interrotto da riff marziali, occulti, oscuri ed indubbiamente maledetti. Che non si prendano un’altra pausa di sette anni per il terzo lavoro: sarebbe un imperdonabile peccato.
(Luca Zakk) Voto: 7,5/10